BAROLO - Seimila euro per l’escavatore ‘fantasma’: imprenditore di Barolo denuncia l’amico

L’imputato, un 63enne di Verzuolo, si era offerto di seguire per lui l'acquisto e si fece consegnare i soldi. Ora si difende: ‘Era un pagamento per altri lavori’

a.c. 16/09/2019 19:38


Si conoscevano da oltre vent’anni il 63enne nativo di Verzuolo G.R. e un suo coetaneo, imprenditore agricolo e vinicolo di Barolo. Un’amicizia cementata dalla comune frequentazione di una trattoria di Centallo dove entrambi erano clienti fissi.

Tra quei tavoli, nell’estate del 2016, l'imprenditore aveva raccontato all’amico di avere un gran bisogno, per la sua attività lavorativa, di un escavatore. Nessun problema, gli aveva risposto G.R., offrendosi di mediare l’acquisto di un mezzo New Holland con tutte le caratteristiche tecniche desiderate. Convinto della bontà dell’affare, il barolese gli avrebbe perciò versato 6mila euro in contanti in due tranches.

Da qui in poi le versioni divergono in maniera radicale. L’autore della denuncia afferma che G.R. gli aveva parlato di un’asta giudiziaria e di una somma complessiva di 7mila euro: gli ultimi mille avrebbe dovuto pagarli alla consegna del mezzo, questa volta con un assegno anziché in contanti. “Mi diceva di essere in confidenza con il responsabile dell’asta giudiziaria, e che avrebbe potuto seguire tutto per conto mio” ha spiegato la parte offesa in udienza, aggiungendo che secondo i patti l’escavatore sarebbe arrivato a fine settembre.

Alla scadenza prevista, l’amico avrebbe iniziato ad accampare scuse, parlando di un guasto nel trasporto del mezzo ma rassicurando l’altro che avrebbe comunque avuto un escavatore con le stesse caratteristiche. A garanzia di tutto ciò, gli avrebbe anche fatto compilare una sorta di ‘autocertificazione’ con intestazioni del ministero della Giustizia e della Procura della Repubblica.

Niente affatto, ribatte l’imputato. I 6mila euro erano sì un acconto, ma sulla somma ben più consistente di 12mila euro, richiesta da chi avrebbe dovuto vendere il veicolo: “Non ho mai parlato di un’asta giudiziaria, - afferma G.R. - ma di un imprenditore di mia conoscenza che aveva l’escavatore ed era disposto a venderlo prima che venisse sequestrato e battuto all’asta. Siccome però i restanti 6mila euro non arrivavano, l’escavatore alla fine era stato venduto ad altri”.

I 6mila euro versati come anticipo sarebbero stati trattenuti in pagamento dei lavori effettuati nell’abitazione di Barolo dallo stesso G.R. e da un suo conoscente, un 56enne di San Damiano Macra. Quest’ultimo, sentito come testimone, conferma di aver lavorato per una ventina di giorni in una residenza di Barolo ma di non essere stato pagato dal proprietario di casa, bensì da G.R., che avrebbe anticipato una somma compresa fra 3500 e 4mila euro. Altri 3700 euro, sempre a detta di G.R., sarebbero andati in pagamento al meccanico che aveva sostituito la centralina dell’auto dell'amico, in quel momento ricoverato in ospedale.

Una 27enne lituana, conoscente di entrambi, conferma invece la versione della parte offesa: “G.R. parlava dell’asta giudiziaria e insisteva per avere i contanti. Venni poi a sapere che l’escavatore non era mai arrivato, un’eventualità da cui avevo già messo in guardia il mio amico di Barolo”.

Al termine dell’udienza, il giudice Marco Scarabello ha dichiarato conclusa l’istruttoria. Il pm Rosa Alba Mollo ha chiesto per l’imputato la pena di un anno e due mesi di reclusione e una multa di 500 euro, tenuto conto delle condanne già subite in passato dall’uomo e della continuazione del reato: “Rilevante soprattutto la questione del certificato falso. L’unica persona che avendo avuto problemi con la giustizia potesse disporre di un foglio con una falsa intestazione della Procura era l’imputato, sebbene costui affermi che il documento l’avesse prodotto il suo amico”.

Il prossimo 28 novembre l’ultima udienza, con le arringhe della parte civile e della difesa e il verdetto finale.

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