BEINETTE - Sushi, sashimi e sfruttamento degli immigrati: i titolari del ristorante Tokyo di Beinette patteggiano

Impiegavano come cuochi e lavapiatti i migranti che ‘accoglievano’ nell’hotel sopra il ristorante. La paga? Un euro all’ora

s.m. 21/10/2019 11:31

Una coppia di coniugi cinesi, di 44 e 43 anni, ha patteggiato un’accusa di sfruttamento del lavoro. Facevano lavorare nel loro ristorante, con una paga di circa un euro all’ora, cinque africani (provenienti da Nigeria, Senegal e Mali) ospiti di un centro di accoglienza da loro gestito.

Si tratta dei titolari del ristorante giapponese ‘Tokyo’ di Beinette, in via Martiri, dove all’ingresso campeggia un cartello con una scritta: “Chiuso per lavori”, ma il locale ha abbassato le serrande da inizio giugno. Marito e moglie, ora ai domiciliari, erano anche titolari dell’Hotel Beinette, nei piani soprastanti il ristorante, dove gestivano un Centro di Accoglienza (Cas) per 24 migranti dal luglio 2015. Gli stessi erano titolari anche di due Cas a Montoso e Robilante, entrambi chiusi per irregolarità.

L’indagine per sfruttamento di manodopera è partita in seguito alla denuncia di uno dei migranti lavoratori all'Ispettorato del Lavoro: insieme ad altri ragazzi coprivano turni anche di 10-12 ore al giorno, per compensi irrisori, di circa un euro all'ora. Lavoravano come lavapiatti e cuochi all’interno del ristorante, ma anche nell’albergo per le pulizie. “C’era un periodo di occupazione in nero, nel caso di pressioni veniva proposto un contratto part-time, mentre questi lavoravano 10-12 ore al giorno. Oltre a sfruttarli in termini di orario lo facevano anche economicamente, la retribuzione era sui 200 euro al mese” ha spiegato Dario Scarcia, comandante Nucleo Ispettorato del Lavoro.

L’operazione si è conclusa lo scorso venerdì con la confisca di tutti i beni aziendali e il sequestro presentivo di una somma di oltre 190 mila euro, considerati il profitto del reato. Nel contesto è stata anche vincolato un immobile sito a Savona intestato ai due cinesi. I due, dopo tre mesi ai domiciliari, hanno patteggiato 11 mesi di condanna con pena sospesa, mettendo a disposizione una somma di ‘risarcimento’ ai lavoratori di mille euro a testa. Ora sono a piede libero.

Sono state accertate anche violazioni per quanto riguarda l'omesso versamento dei contributi, per un importo di oltre 53 mila euro.

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