LIMONE PIEMONTE - ‘Una valanga così non si era mai vista a Limone’

La slavina del dicembre 2016 provocò la morte di uno scialpinista francese. Ora due guide alpine sono a processo per omicidio colposo

a.c. 11/07/2019 18:18


Sono passati quasi tre anni, ma quella montagna di neve staccatasi dal vallone delle Giosolette a Limone se la ricordano tutti. E non solo perché sotto la valanga, purtroppo, rimase senza vita uno scialpinista: si chiamava Eric Potier, aveva 35 anni ed era venuto da Nizza con sette amici per divertirsi nell’area in cui, a detta degli esperti, si possono percorrere i migliori fuoripista della Riserva Bianca.
 
Era il giorno prima della vigilia di Natale 2016 e ad accompagnare il gruppo di escursionisti nel loro giro in eliski c’erano V.R. e P.C., due guide alpine ben conosciute. Gli sciatori erano partiti da Limonetto e - dopo essere stati lasciati dall’elicottero appena al di sotto della cima Giosolette - stavano percorrendo la dorsale nord est. Potier era sceso per quarto, dopo la guida V.R. che faceva da apripista e due amici, quando una slavina di grandi dimensioni lo aveva travolto: nonostante il rapido ritrovamento del corpo e il soccorso del 118, i tentativi di rianimare l’escursionista si erano rivelati inutili.
 
Oggi V.R. e P.C. sono comparsi davanti al tribunale di Cuneo con l’accusa di omicidio colposo. I Carabinieri sciatori in servizio alla Riserva Bianca quel giorno e i forestali che effettuarono i successivi rilievi hanno risposto alle domande del pubblico ministero Raffaele Delpui, per cercare di dirimere il nodo centrale della vicenda: si poteva evitare oppure no l’incidente che costò la vita a Eric Potier?
 
Il maresciallo capo Federico Fontana, comandante della stazione dell’Arma a Limone Piemonte, assicura di non aver mai visto una valanga così anomala: “Era una giornata di sole, con un bel manto di neve fresca. I francesi erano tutti sciatori di alto livello e le guide avevano seguito le procedure di sicurezza. Parlando come maestro di sci e appassionato di fuoripista, penso sia stato fatto ciò che era possibile fare per evitare il rischio”. Quel giorno il bollettino dell’Arpa indicava un rischio valanghivo pari a 3, su una scala che va da 1 a 5: un dato che però non si può interpretare senza considerare le condizioni locali. È molto difficile valutare la probabilità che si verifichi una valanga, afferma il maresciallo Fontana, e così “il rischio 3 può destare un maggior livello di allarme su pendii ripidi come quelli di Livigno ed essere invece considerato ‘normale’ sulle alture delle Alpi Marittime”.
 
Per questo, oltre agli esperti dell’agenzia regionale, anche i Carabinieri forestali presenti sul territorio effettuano valutazioni giornaliere sullo stato della neve. Il maresciallo Lorenzo Bertranda si occupa della redazione del bollettino Meteomont e il giorno dopo la slavina delle Giosolette aveva condotto il sopralluogo sul posto: “Si è trattato senz’altro di una grande valanga. Quel giorno anche il bollettino Meteomont indicava il rischio 3, ma questo significa un ‘rischio marcato’ con ‘limitate possibilità per le gite sciistiche’ e richiede una buona capacità di valutazione locale”.
 
Nell’area del distacco la pendenza era molto ripida, superiore ai 40 gradi. Quel che però avrebbe dovuto mettere in allerta gli escursionisti esperti, sottolinea il carabiniere, è soprattutto il fatto che nella giornata precedente l’area era stata battuta da forti venti: “Era un chiaro segnale di allarme. Nel punto in cui si è staccata la slavina non c’erano accumuli di neve, ma c’erano segni evidenti che l’area fosse stata spazzata da venti molto intensi: in questi casi converrebbe cercare pendii meno ripidi”. Dai rilievi successivi era emerso, secondo la testimonianza del responsabile di Meteomont, che a provocare l’incidente avrebbe concorso l’azione umana: “Quello che è successo, probabilmente, è che il passaggio di alcuni sciatori ha rotto l’equilibrio instabile che si era creato”.
 
Proprio il giorno in cui si effettuava il sopralluogo, alla vigilia di Natale, un secondo sciatore (il 41enne cuneese Alberto Pelizzetti, chimico dell’Arpa) aveva perso la vita nel vallone di Palanfrè, a circa 4 chilometri di distanza dalle Giosolette. Un incidente avvenuto in condizioni analoghe, ricorda Bertranda.
 
Al 21 ottobre è fissata l’udienza nella quale verranno ascoltati i consulenti del pm e della difesa. Sarà poi la volta dei testi residui, tra cui quattro dei compagni di Potier nella tragica gita in eliski, e dell’esame degli imputati. La sentenza è prevista per il 23 aprile del prossimo anno.

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