CUNEO - Un’infermiera a processo per l’incidente in cui morì Francesco Scarmato

L’11 luglio 2019 il 17enne, studente dell’Enaip di Cuneo, era in bicicletta insieme a un amico. Fatale l’urto in prossimità del semaforo di san Rocco Castagnaretta

a.c. 04/07/2022 18:47

“Andavo piano. Non ho guardato il contachilometri in quel momento, ma non avevo motivo di correre per tornare a casa”: a parlare è C.M., un’infermiera di 35 anni, nell’aula d’assise del tribunale di Cuneo. La donna è a processo per la morte di Francesco Scarmato, il 17enne travolto nella notte tra l’11 e il 12 luglio 2019 a San Rocco Castagnaretta.
 
Francesco, nato nel 2001 da una famiglia di origini rosarnesi e studente dell’Enaip di Cuneo, era in bicicletta assieme a un amico e coetaneo. Mentre attraversava corso De Gasperi immettendosi da via San Maurizio, di fronte al cimitero della frazione, venne colpito dalla Ford Focus guidata dall’infermiera. Lei rientrava a casa dopo un turno di lavoro in sala operatoria, protrattosi fino alle undici e mezza: “All’incrocio ho visto sbucare all’improvviso, dalla mia destra, una bicicletta con due ragazzi a bordo”. Tutto troppo rapido per accorgersi di cosa stesse accadendo: “Non ho avuto il tempo materiale di frenare, d’istinto e presa dallo spavento ho sterzato bruscamente ma nonostante questo non ho evitato l’impatto”. L’auto aveva finito la sua corsa fuori strada nella corsia opposta, la stessa in cui venne sbalzato il corpo del ragazzo. A chiedere aiuto per primo era stato il compagno della donna, subito avvisato da lei al telefono: “Volevo uscire dall’auto per prestare soccorso ma ero bloccata in mezzo ai rovi, la porta non si apriva. Il mio compagno è arrivato pochi minuti dopo e mi ha tirata fuori dalla vettura”.
 
Per Francesco, purtroppo, non c’era già più nulla da fare: sarebbero risultati vani tutti i tentativi di rianimazione effettuati sul posto. L’altro giovane, portato in ospedale in gravi condizioni, si è invece salvato ma ha dovuto affrontare vari interventi chirurgici. Anche lui era in aula ad ascoltare le deposizioni, insieme a Domenico e Giusy, i genitori di Francesco. L’automobilista dice di non essersi accorta della bicicletta, pur avendo prestato attenzione: “Prima di avvicinarmi all’incrocio ho guardato sia a destra che a sinistra, ero molto attenta. La bici non aveva luci né segnali luminosi”. Non c’erano segnali neanche sul semaforo, in quel momento lampeggiante: un incrocio pericoloso e poco illuminato, a detta della gente del quartiere, dove già nel dicembre 2015 erano morti in uno scontro tra auto i pensionati Giacomo Giondo ed Emilio Pulvirenti. La morte del diciassettenne, molto conosciuto per i suoi trascorsi sportivi nei settori giovanili dell’Olmo e dell’Auxilium Cuneo, aveva suscitato grande impressione in città.
 
Gli eventuali profili di colpa vertono tutti sull’effettiva velocità dell’automobile. I periti di accusa e di difesa sono concordi nell’affermare che fosse superiore al limite urbano di 50 km/h, ma in dissenso sul fatto che quell’impatto si potesse evitare o meno. “Se l’automobilista avesse rispettato il limite, le traiettorie non si sarebbero intersecate” afferma l’ingegner Lorenzo Giordano, consulente di parte civile per la famiglia Scarmato, che stima “tra i 62 km/h e i 70 km/h” l’andatura della Focus, sulla scorta di quanto ricostruito dal perito della Procura. Di parere opposto gli esperti sentiti dal responsabile civile e dalla difesa: l’ingegner Alessandro Cantali conclude che l’auto viaggiasse tra i 55 km/h e i 60 km/h, appena al di sopra del limite. A suo giudizio “l’incidente si sarebbe verificato anche a 50 km/h, perché l’automobilista non aveva spazio per frenare entro il tempo di reazione psicotecnica. Per evitare il sinistro sarebbe dovuta andare a 30 km/h, una velocità non coerente con lo stato dei luoghi”. Il raffronto tra la velocità della bici e quella dell’auto, operato dall’ingegner Roberto Bergantin, porta l’altro consulente di difesa a dedurre che “se l’auto fosse andata a 50 km/h, avrebbe impiegato un decimo di secondo in più nel percorrere la stessa distanza. La bicicletta avrebbe percorso 40 centimetri in quel lasso di tempo, ma l’impatto sarebbe comunque avvenuto”.
 
Al 15 luglio è fissata una nuova udienza del processo.

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