CUNEO - Vende una Porsche Macan e riceve un assegno falso da 67mila euro: in due a processo per truffa

Il presunto autore del raggiro avrebbe carpito la fiducia della sua vittima invitandola a contattare un ufficio postale che in realtà era chiuso da dieci anni

a.c. 16/11/2020 19:00

 
Come nel film La stangata, dove due esperti truffatori mettono in piedi una finta agenzia di scommesse per realizzare il colpo della vita, due imputati finiti sotto processo a Cuneo si sarebbero serviti di un “finto” ufficio postale per portare a termine un raggiro da quasi 70mila euro.
 
Lo sportello di Vigoleno, frazione del comune di Vernasca nel Piacentino, in realtà è esistito per davvero fino a qualche tempo fa. A chiamarlo in causa sarebbe stato K.T., un cittadino italiano residente a Olgiate Olona (Va), che affermava di aver validato in quell’ufficio l’assegno da 67500 euro con il quale aveva perfezionato l’acquisto di una Porsche Macan di seconda mano presso un venditore cuneese.
 
Tutto nasce da un annuncio pubblicato su un sito internet, al quale aveva risposto nell’agosto 2018 un sedicente “signor Giovanni”. All’appuntamento con l’inserzionista in quel di Cuneo si era recato K.T., qualificandosi come figlio del signor Giovanni e sostenendo che avrebbe saldato la cifra pattuita con un assegno circolare postale. Alle perplessità del venditore, l’aspirante compratore avrebbe risposto invitandolo a verificare la validità del titolo emesso dall’ufficio postale di Vigoleno: cosa che il proprietario della Porsche aveva fatto, contattando il numero dell’ufficio trovato su Google e sentendosi rispondere da una voce femminile che tutto era in regola.
 
Solo il giorno dopo la sua banca gli avrebbe comunicato che quell’assegno non aveva nessun valore: la sede delle Poste a Vigoleno, peraltro, sarebbe stata chiusa fin dal 2008. In seguito alla denuncia per truffa presentata presso la questura di Cuneo, i poliziotti hanno appurato che l’utenza telefonica corrispondente allo scomparso ufficio postale era in realtà un numero virtuale. Dagli accertamenti sul numero di cellulare del “signor Giovanni”, intestato a un cittadino pakistano, è stato possibile invece risalire a D.G.H., 46enne italiano di etnia sinti con numerosi precedenti penali per reati analoghi. A corroborare questi riscontri è la circostanza che le chiamate provenissero dalla zona di Castiglione Olona in provincia di Varese, dove D.G.H. risiedeva all’epoca dei fatti, e che a carico suo fosse emerso un versamento di 119 euro in favore di K.T., il presunto complice.
 
L’automobile, a carico della quale pendeva un decreto di sequestro dopo la denuncia, era stata individuata pochi giorni dopo durante un normale controllo eseguito dai finanzieri a Varazze (Sv). La donna alla guida del veicolo aveva affermato di non conoscere K.T. e di non sapere che la Porsche fosse provento di truffa.
 
Il processo è stato aggiornato al 25 febbraio per ascoltare la parte offesa e altri testimoni.

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