Caricabatterie, cavetti e cover per cellulari griffati Apple ma “taroccati”. La scoperta ha messo nei guai un’azienda di Sant’Albano Stura, la Fonex srl, che da quasi trent’anni si occupa di produzione e distribuzione all’ingrosso di prodotti elettronici ed accessori per la telefonia cellulare. A processo per commercio di prodotti falsi sono finiti il presidente e l’amministratrice dell’azienda, dopo il sequestro di circa 5.600 pezzi, ritenuti contraffatti, da parte della Guardia di Finanza di Mondovì. Le fiamme gialle si erano presentate in sede a maggio del 2020, dopo una segnalazione presentata da un’organizzazione che si occupa, per conto di vari marchi, di tutela dei diritti d’autore e industriali. La Apple oggi è parte civile nel processo per la presunta contraffazione. Nell’udienza odierna ha parlato il titolare della Fonex, G.B.S.: “Non siamo distributori ufficiali di nessun marchio, ma compriamo da distributori ufficiali sul mercato” ha spiegato. All’origine delle contestazioni ci sono per l’appunto una serie di acquisti effettuati presso varie aziende italiane, inglesi, austriache, tedesche e cinesi: tutti fornitori con cui la Fonex ha interrotto i rapporti commerciali in seguito all’inchiesta, ma che continuano da parte loro a operare sul mercato. Il problema, sostiene l’imprenditore, è legato ai meccanismi con cui opera Apple: “Non essendo possibile verificare l’originalità del prodotto, viene fatto un controllo a campione visivo: teniamo un prodotto originale come campione, acquistato da un negozio Apple”. I controlli sono demandati agli addetti del magazzino. In questo caso, le presunte irregolarità erano riferibili al fatto che i prodotti asseritamente contraffatti non corrispondessero ai numeri seriali riportati sul prodotto e sull’imballaggio. Problemi analoghi, aggiunge il presidente della Fonex, si erano verificati in passato con il marchio Nokia: “La Nokia non dava modo di effettuare verifiche sull’originalità dei prodotti, solo in un secondo momento è stata introdotta la possibilità di verificare tramite i codici e un ologramma”. Dalle relative vicende giudiziarie il rivenditore di Sant’Albano era comunque risultato estraneo: “Ai fornitori chiediamo sempre una dichiarazione di originalità del prodotto” ha sottolineato l’accusato. Una precazione che in questo caso, però, non è bastata a evitare le ripercussioni. Il prossimo 4 novembre il giudice scioglierà le riserve sulla richiesta di perizia presentata dalla Procura.