FOSSANO - Credeva di essere perseguitato, gli tolsero tutto: condannati dal tribunale

La vittima, fossanese 38enne, soffriva di gravi problemi psichiatrici. Si affidò a un detective e un bodyguard che ne assecondarono le manie di persecuzione

a.c. 31/03/2021 19:51

 
Circuirono un 38enne con gravi problemi psichiatrici assecondandolo nella spirale di autodistruzione che lo avrebbe portato in pochi mesi a perdere tutto: la famiglia, il lavoro, l’auto, perfino i mobili di casa. Per questo motivo F.M. e M.B. sono stati condannati dal tribunale di Cuneo.
 
I punti fermi di questa vicenda sembrano gli ingredienti di un romanzo alla John Le Carrè o di un film di spionaggio: un investigatore privato, un bodyguard e un uomo che credeva di essere vittima di un’oscura persecuzione. La vittima è un fossanese che nei primi mesi del 2015 era caduto in preda ai disturbi psichici che già tre anni prima l’avevano portato a subire un trattamento sanitario obbligatorio.
 
Convinto di essere oggetto di una congiura ordita dai medici e dalla sua stessa famiglia, si era rivolto a F.M., titolare di uno studio di investigazioni private, tramite Facebook: “Mi aveva invitato a tagliare i ponti con tutti e mi minacciava perché gli dessi il denaro, anche se sapeva delle mie difficoltà economiche” ha raccontato la parte offesa in aula. I contatti con M.B. invece erano nati dalla frequentazione di un corso di autodifesa tenuto da quest’ultimo: “In giugno gli ho dato 900 euro per accompagnarmi a Lucca, presso un avvocato del posto che si era offerto di trovarmi una sistemazione e un lavoro. Avevo in mente di fermarmi solo pochi mesi in Toscana per poi trasferirmi in America Latina come mi avevano consigliato sia F.M. che M.B.: dicevano che dovevo scappare per salvarmi dalla persecuzione”.
 
M.B. in particolare avrebbe avuto un ruolo di primo piano nel suo progetto di “cambiare vita”. A lui l’uomo aveva affidato addirittura le chiavi della sua abitazione perché cercasse di venderla, procurandogli un po’ di soldi: appena 350 euro perché il resto, secondo quanto dichiarato, sarebbe servito a coprire le sue spese. Altri 3500 euro sarebbero andati all’avvocato lucchese che doveva operare per “fargli togliere il tso”: il professionista avrebbe anche mediato la vendita dell’auto del suo cliente. Nei mesi trascorsi in Toscana il fossanese si era ridotto a vivere di espedienti, finché il 1 settembre dello stesso 2015 i carabinieri di Pisa lo avevano arrestato in flagranza di reato per aver colpito con una bottiglia molotov una sede della Lega Nord. Ritornato nella Granda, l'uomo aveva poi vissuto in comunità e seguito una terapia psichiatrica, recuperando anche il lavoro che aveva abbandonato.
 
Entrambi gli imputati, assistiti l’uno dall’avvocato Calamari e l’altro dagli avvocati Allocco e Fissore, hanno reso dichiarazioni spontanee: F.M., l’investigatore, ha riconosciuto di aver stilato un preventivo da 4mila euro al cliente per organizzare un “contro pedinamento”. M.B. ha negato di aver avuto da lui somme di denaro, dal momento che le lezioni di autodifesa erano state pagate alla palestra e per il viaggio a Lucca non avrebbe chiesto compensi. Quanto alla vendita dei mobili, quanto consegnato sarebbe stato “il massimo della cifra” che si poteva ottenere dal compratore. Ambedue hanno comunque negato di essere a conoscenza della crisi psicologica che la persona stava attraversando.
 
Accogliendo la richiesta del procuratore capo Onelio Dodero e del legale di parte civile Gabriella Chiapella, il giudice Sandro Cavallo ha condannato sia F.M., alla pena di un anno e quattro mesi, sia M.B., a un anno e sei mesi. Dovranno anche risarcire le parti civili con complessivi 6500 euro.

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