FOSSANO - Crollo del viadotto di Fossano, è tutto da rifare: il giudice si dichiara incompatibile

Il fascicolo riguardante i dodici imputati di disastro colposo verrà riassegnato. Salta la calendarizzazione che avrebbe dovuto portare alla sentenza entro l’anno

Andrea Cascioli 23/06/2022 18:05

Mancano giudici al tribunale di Cuneo e gli effetti della “coperta corta” cominciano a farsi notare, anche nei processi più importanti. Come quello sul disastro del viadotto di Fossano, che ha visto già due toghe prendere in mano il fascicolo e poi rinunciarvi.
 
La prima, Alice Di Maio, ha da poco cambiato sede: ora è al tribunale per i minori di Torino. La seconda, Emanuela Dufour, ha dovuto astenersi: in veste di gup si era già pronunciata su una richiesta di archiviazione della Procura, relativa a uno dei tre fascicoli dell’inchiesta. Tanto basta, secondo la giurisprudenza, a sancirne l’incompatibilità come giudice del dibattimento. Ora “è tutto da rifare”, per citare l’indimenticato Gino Bartali. Il processo riguardante i dodici imputati di disastro colposo dovrà ripartire da zero.
 
Il prossimo giudice che si vedrà riassegnato il fascicolo - ammesso che non ci siano altri intoppi - dovrà anche procedere alla calendarizzazione delle udienze. Quella fissata dal giudice Di Maio, infatti, è saltata con il suo trasferimento: secondo le sue previsioni si sarebbe dovuti arrivare a sentenza il 12 dicembre ma è molto improbabile, a questo punto, che si concluda tutto entro l’anno.
 
Le indagini preliminari sul crollo, condotte dal sostituto procuratore Pier Attilio Stea, sono durate quattro anni e hanno portato al rinvio a giudizio di quattordici imputati. Due di loro, un geometra e un ingegnere dell’Anas, hanno optato per il rito abbreviato: il gip Sabrina Nocente li ha assolti nel maggio scorso per mancanza di elementi probatori. Affronteranno invece il dibattimento i rimanenti dodici, sei dei quali sono tecnici e operai delle imprese che eseguirono i lavori e gli altri sei funzionari Anas. La pubblica accusa ritiene che all’origine del disastro, avvenuto il 18 aprile 2017 sulla Statale 231, ci sia in particolare la cattiva esecuzione dei lavori sulle guaine dei cavi di precompressione. In esse sarebbe stato iniettato, per trascuratezza, un quantitativo di boiacca inferiore a quello necessario. In seguito a questi errori - e all’omesso controllo dell’Anas - si sarebbe verificato un indebolimento strutturale nelle parti dei cavi rimaste scoperte, con un progressivo logoramento che avrebbe portato infine al crollo.
 
Dal procedimento si erano “sfilate” l’Anas e le imprese edili che la Procura aveva chiamato in causa: la Grassetto spa, la Infrastrutture Stradali srl e la Pel.Car srl. L’esclusione dei responsabili civili, decisa dal giudice Di Maio e motivata dall’assenza dei loro difensori durante gli accertamenti tecnici, non preclude comunque possibilità di avviare un procedimento civile verso le aziende, indipendentemente dall’esito del processo penale.

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