FOSSANO - Fossano, nessun colpevole per il furto negli spogliatoi di un locale

Due pregiudicati erano stati individuati nei pressi del bar pasticceria, ma a loro carico non sono stati rinvenuti elementi certi. Il pm aveva chiesto quattro anni

Andrea Cascioli 22/02/2024 17:00

Sono stati assolti per non aver commesso il fatto entrambi gli accusati per un furto avvenuto in un bar pasticceria nel centro di Fossano, a maggio 2022. C.D. e C.M.V., cittadini rumeni, entrambi pregiudicati, erano stati denunciati perché sospettati di essersi introdotti negli spogliatoi destinati ai dipendenti del locale in via Roma. All’interno erano stati forzati un paio di armadietti e portati via una trentina di euro, più alcune carte di credito, subito bloccate dai legittimi proprietari.
 
A pesare nei confronti di C.D., all’epoca sottoposto all’obbligo di firma e oggi detenuto per altra causa, era stata soprattutto la testimonianza di una dipendente del bar. La donna, la prima ad accorgersi del furto, affermava di aver notato un ragazzo con una maglietta gialla allontanarsi in fretta dal cortile, dal quale si accedeva alla scala verso gli spogliatoi privati. I carabinieri avevano trovato una valigetta, sottratta dagli stessi locali e posizionata di fronte alla fotocellula sull’ingresso secondario del cortile, in modo da bloccarla. Un’altra lavoratrice, uscita poco prima da quel portone, affermava di aver notato due persone che parlavano in una lingua straniera, verosimilmente est-europei. Uno dei due, ha aggiunto, aveva un vistoso tatuaggio al braccio sinistro.
 
Indicazioni, quelle fornite dalle testimoni, che avevano indirizzato i carabinieri verso C.D., sebbene quest’ultimo abbia fatto notare di avere tatuaggi ben visibili su entrambi gli avambracci, non su uno solo. La titolare del bar, dopo aver ricevuto notizia del furto, lo aveva individuato sotto i portici di via Roma, insieme a C.M.V.: “Non sapevo nemmeno se fosse realmente la persona che era uscita, sono andata dietro a due ragazzi” ha precisato di fronte al giudice, ammettendo di aver agito “d’istinto” e non a fronte di precisi sospetti. La donna aveva chiesto a C.D. di seguirla nel bar, mentre C.M.V. era stato fermato da un militare dell’Esercito fino all’arrivo dei carabinieri. Sia la perquisizione personale su C.M.V. che quella domiciliare a carico di C.D., eseguita tre giorni dopo, avevano dato esito negativo.
 
Il pubblico ministero Anna Maria Clemente ha comunque ritenuto sufficienti per una condanna gli elementi raccolti, in particolare la testimonianza della persona che aveva scoperto il furto e notato il sospettato con la maglietta gialla: la donna aveva affermato di aver riconosciuto “al 70%” quell’individuo, indicando C.D.. In caserma il fermato aveva ricevuto varie telefonate dallo stesso C.D., fatto che aveva rafforzato i sospetti dei carabinieri riguardo alla presenza di un possibile complice. Per entrambi la Procura aveva chiesto la condanna a quattro anni di carcere e mille euro di multa.
 
Le difese hanno rilevato per contro le incertezze sull’identificazione: “La testimone ha visto il ragazzo nei pressi dello spogliatoio per un solo attimo e non ha riconosciuto l’imputato C.D. in aula” ha osservato l’avvocato Tiziana Porcu. In più, ha aggiunto, “la teste non ha visto la persona nell’atto di rubare o entrare negli spogliatoi, ed è circostanza pacifica che il cortile fosse luogo di transito dei clienti che utilizzavano i servizi igienici del bar”. Alle conclusioni si è associata l’avvocato Marta Aimar per la difesa di C.M.V.: “Abbiamo due imputati in un processo dove l’unico teste oculare dice di aver visto una sola persona, con la maglia gialla: la titolare del bar ha specificato che C.M.V. aveva una maglia blu”. Il giudice Giovanni Mocci ha quindi pronunciato un verdetto assolutorio nei confronti di entrambi.

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