FOSSANO - Il viadotto crollato a Fossano è già costato 400mila euro alla Provincia. Ma non è finita

Nel processo per il disastro si tirano le somme: la 231 ha perso 500 tir al giorno, riversatisi sulla rete provinciale. Giallo sui verbali dell’Anas: sono introvabili

Andrea Cascioli 11/12/2023 17:10

Il ponte crollato sulla Statale 231? Lo paga Pantalone. Ma non ci sono solo gli ovvi costi di ricostruzione, ci sono anche una serie di spese che la Provincia ha già affrontato a partire dall’aprile 2017: soldi spesi per rifare il manto stradale su arterie sempre più trafficate.
 
I conti - non proprio “della serva”, visto l’ammontare - li ha fatti l’ingegner Dario Alberto nella più recente udienza del processo per disastro colposo a carico di dodici imputati, sei funzionari dell’Anas e sei tecnici e operai delle aziende costruttrici. Il perito nominato dalla Provincia - che è parte civile, insieme alla stessa Anas - ha stimato una riduzione di traffico pesante di ben 500 camion al giorno: prima del crollo ne transitavano in media 800 ogni giorno, oggi sono poco più di 300. Di certo, però, non si sono volatilizzati: “Vuol dire che almeno 500 mezzi pesanti al giorno transitano sul resto della rete, di competenza provinciale”.
 
E infatti la Provincia ha già eseguito una serie di lavori “in urgenza” sulla SP 309 e la SP 165 (“La Reale”), ovvero i due tratti più interessati dal sovrappiù di traffico. L’importo arriva ai 400mila euro, ma non è finita: “Considerando la ripavimentazione da Cervere a Tetti Paglieri che dovrà ancora essere fatta, in base al prezzario delle opere pubbliche della Regione Piemonte si arriva a un importo di 900mila euro ulteriori, più Iva. Quindi siamo oltre il milione”. L’aspetto singolare, sottolinea l’ingegnere, è che i 500 camion “persi” non sono stati recuperati neanche dopo la riapertura del transito fra la Reale e Fossano: “Significa che a tutt’oggi gravano sulla rete provinciale. Con quell’entità di traffico, c’è una riduzione del 50% nella vita utile della pavimentazione stradale”. E l’autostrada? Rimane inutilizzata per quelle tratte, come già prima: “La realtà è che i mezzi pesanti scelgono itinerari di percorrenza legati in buona parte al valore della merce trasportata. Le merci pregiate viaggiavano già in autostrada, perché è il percorso che garantisce il minimo tempo di viaggio. Per le altre si continua a seguire la rete ordinaria, perché consente meno dispendi di carburante rispetto alla famosa ‘Z rovesciata’ della Asti-Cuneo”.
 
Computo dei danni a parte, a tener banco nel confronto processuale è ancora il rimpallo delle responsabilità tra costruttori e controllori, ovvero tra le aziende e l’Anas. La domanda di fondo è una: qualcuno avrebbe potuto accorgersi in tempo di ciò che stava succedendo? Sì, rispondono alcuni consulenti. No, ribattono altri. Tra i fautori della tesi che incolpa l’Anas per i mancati controlli c’è il professor Gianpaolo Rosati, che è stato chiamato a esprimersi anche sul crollo del ponte Morandi. Il perito dell’Anas, il professor Giuseppe Andrea Ferro, lo smentisce: “Il viadotto era del tutto integro all’apparenza, non c’erano segni di ammaloramento del calcestruzzo, che infatti è risultato di ottima qualità. L’unico problema evidente erano queste ‘stalattiti’ biancastre, di cui però nessuno dei periti aveva contezza”. Le “stalattiti” erano colature di boiacca, cioè dell’impasto di cemento e calce che avrebbe dovuto impermeabilizzare i cavi di precompressione e non lo fece. Perché? Semplice, ce n’era poca. Tuttavia, sostiene l’ingegner Ferro, alla vista era impossibile accorgersene: “Se si fossero dovuti eseguire carotaggi laddove c’erano le colature, come suggerito da Rosati, sarebbero state trovate armature perfette: il riempimento della boiacca lì era perfetto, il problema era dalla parte opposta”. Quel ponte, insomma, non aveva “patologie” visibili, nulla che giustificasse esami invasivi.
 
Non è del tutto d’accordo l’altro consulente ascoltato, il professor Francesco Biasioli: “Ha detto bene Ferro, se si fossero fatte indagini invasive locali non si sarebbe trovata nessuna anomalia. Ma se si fossero estese, come ha fatto Anas dopo il crollo, sì”. A parere del docente del Politecnico di Torino, c’erano buoni motivi per farlo: “Fare più prove su tutta la campata non sarebbe costato nulla. Le infiorescenze erano comunque sintomo di un malessere della boiacca, che a lungo andare sarebbe potuto diventare una malattia”. Almeno i verbali di ispezione dell’Anas, sostiene, avrebbero dovuto segnalare qualcosa: “Perché era talmente evidente da essere ripreso da Google Maps e visibile a chi passava sotto il ponte”. Ecco, i verbali dell’Anas sono un giallo nel giallo: nessuno, finora, è riuscito a trovarli, anche se l’ingegner Ferro assicura di averli letti a suo tempo. Un “colpevole” comunque si può individuarlo, afferma Biasioli: si tratta dei tagli che negli anni hanno depauperato l’ente stradale di personale tecnico. “I costi e i molti chilometri da indagare non giustificano i mancati accertamenti, - precisa il consulente - ma di certo, se non c’era una segnalazione preliminare, non si andava a vedere”.

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