FOSSANO - “Il viadotto di Fossano? Doveva durare cinquant’anni, anche senza manutenzione”

Parla il consulente del pubblico ministero nel processo per il crollo del 2017: “Se la boiacca fosse stata iniettata in modo corretto il disastro non sarebbe accaduto”

Andrea Cascioli 11/07/2023 17:31

Aveva una “vita nominale” di cinquant’anni il viadotto La Reale di Fossano: ne ha vissuti poco meno della metà, apparentemente senza problemi, prima di crollare su se stesso nel primo pomeriggio del 18 aprile 2017. Eppure, sostiene il consulente della Procura, in teoria sarebbe dovuto arrivare al mezzo secolo “anche senza manutenzione straordinaria”.
 
Cosa è successo, allora? Lo ha spiegato stamani, in tre ore di interrogatorio, l’ingegner Luca Giordano, docente del Politecnico di Torino e perito dell’accusa nel processo che vede alla sbarra dodici imputati, tra dirigenti e operai delle aziende costruttrici e funzionari dell’Anas. Il punto dolente, sostiene, è l’iniezione della boiacca sui cavi di precompressione: un lavoro che non fu eseguito “a regola d’arte”, con la conseguenza che la parte dei cavi rimasta scoperta iniziò a corrodersi sempre di più, fino a cedere. Su circa un terzo della lunghezza degli otto cavi della campata mancava del tutto la boiacca, un impasto di cemento e calce che si utilizza di frequente in edilizia per colmare le fessure. È tutto lì, in buona sostanza: “I materiali corrispondevano agli standard, il calcestruzzo e gli acciai erano addirittura di qualità superiore” afferma l’ingegnere. Inverosimile che qualcuno abbia “tirato a risparmiare”, insomma: “Risparmiare boiacca non porta a un risparmio utile, ha un costo trascurabile”.
 
La corrosione, secondo il consulente, sarebbe avvenuta a causa dell’ingresso dell’acqua dai tubi di sfiato: l’acqua che cadeva sull’impalcato, in sostanza, finiva sui cavi senza trovare nulla in mezzo. Altre problematiche di impermeabilizzazione non si possono escludere a priori, ha risposto Giordano agli avvocati, tuttavia “se la boiacca fosse stata stesa a regola d’arte, queste problematiche non avrebbero avuto un’incidenza autonoma sul collasso”. Se qualche sintomo di quanto sarebbe accaduto fosse visibile già prima del crollo è tema dirimente soprattutto per l’Anas, presente in veste di parte civile (ma sei dei suoi dipendenti ed ex dipendenti sono tra gli accusati): sì, afferma Giordano. Le colature bianche sulla parte bassa del ponte erano incrostazioni di carbonato di calcio, probabile effetto del parziale scioglimento della boiacca ad opera dell’acqua: “C’erano evidenze che potevano far pensare a qualche problematica interna”.
 
Nulla però venne segnalato prima del disastro. Più complicato è stabilire, a posteriori, se la corrosione sia iniziata già al momento della costruzione da parte di Itinera o dopo i lavori di manutenzione straordinaria, eseguiti nel 2006 da un’altra ditta: “Quando si parla di corrosione è difficile definire dei tempi. È probabile però che sia iniziata dopo la costruzione, altrimenti il ponte sarebbe collassato prima”. È verosimile che il problema sia esploso nel 2006, aggiunge l’esperto, tuttavia “è di fatto impossibile dimostrare con certezza se il difetto di impermeabilizzazione si sia originato da un difetto di costruzione”. Su quanto la sostituzione del giunto originario abbia influito nel meccanismo d’impermeabilizzazione, insomma, si possono fare solo congetture.
 
La precompressione dei cavi fu effettuata con la tecnica della post-tensione, preferita al pretensionamento: in sostanza, si scelse di ricorrere alla posa del calcestruzzo in fase successiva. Nei primi anni Novanta - il cavalcavia venne realizzato nel 1993 - questo metodo era comune in Italia e nel resto del mondo. Solo nel Regno Unito ci si era già posti il problema dei possibili errori di iniezione e della corrosione, tanto che la metodologia venne bandita per otto anni, prima che si individuassero standard sicuri: “Il fatto che questo fosse un punto debole era noto” riepiloga Giordano. Nella prossima udienza, il 17 ottobre, il giudice ascolterà altri due consulenti delle parti.

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