FOSSANO - “Non c’era doping negli integratori”: assolti i vertici di un’azienda fossanese

Il sequestro era scattato dopo le indagini della Finanza. Dopo anni a processo la sentenza: “Persi 70mila euro di prodotti per le lungaggini negli accertamenti”

a.c. 01/07/2021 19:36

 
Erano partiti da un’inchiesta della Guardia di Finanza di Torino gli accertamenti a carico di un’impresa fossanese attiva nella rivendita di integratori alimentari per lo sport, la BF Pharma srl.
 
Una delle operazioni più rilevanti mai effettuate a livello europeo, nel campo della lotta al doping, quella coordinata dal pubblico ministero torinese Alessandro Aghemo. Il filone cuneese delle indagini, tuttavia, non ha dato esiti dal punto di vista giudiziario. Almeno in primo grado, dove i tre imputati sono stati assolti con formula piena dalle accuse: si tratta di F.B., presidente della BF Pharma, dell’amministratore delegato B.G. e del consigliere G.C., quest’ultimo chiamato ad esprimersi dalla difesa anche come esperto qualificato, essendo docente universitario di chimica organica.
 
I controlli effettuati dalla Guardia di Finanza nell’ottobre 2016 avevano evidenziato la positività di otto campioni sui sedici analizzati a sostanze proibite dalla WADA, l’agenzia internazionale antidoping, in particolare testosterone e prednisolone acetato. Il successivo sequestro aveva interessato nove prodotti distribuiti dall’azienda fossanese, sei dei quali per conto della tedesca Weider e i restanti tre a marchio BF Pharma. Tutti questi integratori sono realizzati da terzisti cui BF Pharma si limita a fornire indicazioni, come la Bai srl di Carate Brianza (MB).
 
Il fatto che si trattasse di prodotti già confezionati e sigillati è stato uno degli argomenti centrali nella difesa articolata dall’avvocato Francesco Pacciani: “Quella di BF Pharma è una semplice attività di stoccaggio finalizzata alla rivendita. È stato accertato che tutti i prodotti erano integri nella confezione: se sono stati immessi sul mercato da Weider e commercializzati da Bai, gli imputati non dovrebbero essere quelli odierni”. La difesa ha sostenuto comunque che le sostanze proibite non fossero state riscontrate né all’interno del lotto sequestrato né altrove: mentre i test di screening avevano dato esiti positivi, le successive e più approfondite analisi del centro antidoping di Orbassano avevano escluso l’eventualità. Gli stessi articoli, ha aggiunto il legale, venivano venduti anche dalla catena Decathlon, a carico della quale non sono mai stati disposti accertamenti analoghi.
 
Il pubblico ministero Rosa Alba Mollo ha respinto la tesi difensiva di un errore metodologico nelle analisi e chiesto per tutti gli imputati la condanna a un anno e otto mesi di reclusione. Dopo circa un’ora di camera di consiglio, il giudice Alice Di Maio ha pronunciato sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.
 
“L’azienda ha perso 70mila euro per colpa delle lungaggini negli accertamenti” aveva lamentato l’avvocato Pacciani, ricordando che i prodotti sequestrati avevano dovuto essere distrutti perché nel frattempo scaduti. Analoghe considerazione in sede di esame sono venute dall’imputato G.C.: “Chi ha condotto le analisi non ha valutato i danni che poteva compiere, oltre all’impatto psicologico per chi si è trovato coinvolto”.

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