FOSSANO - Sparatoria a Fossano, condannato per tentato omicidio uno degli imputati

Il verdetto dei giudici d’appello: l’albanese Renato Kola era a processo con il padre Angjelin, per un regolamento di conti con un pregiudicato italiano di Trinità

a.c. 04/07/2023 18:35

Cinque anni e quattro mesi per tentato omicidio: è la pena inflitta dai giudici di appello a Renato Kola, imprenditore albanese residente da molti anni a Fossano. L’uomo era a processo insieme al padre, Angjelin, condannato a un anno e quattro mesi per lesioni aggravate. La vicenda giudiziaria riguarda la sparatoria avvenuta nella notte del 30 novembre 2015, sullo spiazzo di fronte allo stabilimento Unifarma.
 
Un regolamento di conti in piena regola, dal quale erano usciti feriti a colpi d’arma da fuoco sia Angjelin Kola che Tiviano Giraudo, il meccanico 26enne di Trinità con cui la stessa sera Renato Kola aveva avuto un violento diverbio, in un locale del centro di Fossano. Giraudo venne raggiunto alla mandibola da un proiettile, dopo aver fatto fuoco contro i Kola ferendo il più anziano del gruppo alla gamba. I protagonisti di questa sanguinosa lite si conoscevano bene: a far precipitare le cose sarebbe stata una battuta del Kola, giudicata troppo pesante dall’altro giovane, al punto da innescare una rissa. Giraudo a quel punto era tornato nella sala giochi gestita dalla madre e aveva richiesto ad Angjelin un “chiarimento”. Accompagnato da un suo conoscente, sosteneva di aver fronteggiato sei persone, tra i quali aveva riconosciuto i due Kola e il fratello minore di Renato. Quattro di loro lo avrebbero percosso, Angjelin utilizzando anche un tubo di metallo, prima che il meccanico facesse fuoco.
 
Per quanto riguarda le lesioni cagionate Giraudo, pregiudicato, ha patteggiato la pena di due anni e quattro mesi e si è costituito come parte civile nel processo contro i rivali. La madre e gli altri testimoni hanno confermato di averlo visto tornare in sala giochi dopo circa un quarto d’ora, coperto di sangue e con tre dita fratturate: prima di svenire aveva farfugliato poche parole, indicando Angjelin Kola come responsabile del suo ferimento. Ad avvalorare l’ipotesi di un’aggressione, nell’ottica della Procura, contribuivano i referti medici sulle fratture alle dita e le ammissioni dello stesso Renato Kola, il quale ha confermato di aver cercato di strappare di mano l’arma all’altro giovane. Nella colluttazione, secondo la ricostruzione accusatoria, sarebbe riuscito anche a far fuoco con quella pistola. “Giraudo non può essersi sparato da solo, vista la natura delle ferite” aveva detto in sede di requisitoria il pm del processo di primo grado, Attilio Offman. Questa la sua argomentazione: “Nel momento in cui era già in fuga qualcuno gli ha sparato a sua volta: una condotta rispetto alla quale non è invocabile la difesa legittima perché era ormai stato sopraffatto”.
 
In appello il pubblico ministero aveva domandato la condanna di Renato Kola a quattordici anni per tentato omicidio e la conferma della pena comminata al padre per le lesioni aggravate. L’avvocato Pier Carlo Botto, per la parte civile, aveva chiesto invece di condannare entrambi per tentato omicidio. A favore della difesa, rappresentata dagli avvocati Rosalba Cannone e Alberto Summa per Angjelin Kola e Giuseppe Caprioli per Renato Kola, pesavano in particolare l’esito negativo della prova stub per il giovane Kola e il mancato rinvenimento sulla scena di armi diverse da quella adoperata da Giraudo.

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