FOSSANO - Ventitre anni a Cospito per le bombe a Fossano: “Non c’è prova del nostro coinvolgimento”

Per la prima volta l’anarchico ha negato in aula la responsabilità per l’attentato del 2006 alla Scuola Allievi Carabinieri. Alla coimputata Beniamino 17 anni e 9 mesi

foto Ansa

Andrea Cascioli 26/06/2023 18:41

Ammonta a ventitre anni la pena comminata della Corte d’Assise d’Appello ad Alfredo Cospito per l’attentato alla Scuola Allievi Carabinieri del 2006. Alla coimputata e compagna di Cospito Anna Beniamino una condanna di diciassette anni e nove mesi.
 
La corte presieduta da Alessandra Bassi ha dunque respinto le richieste del procuratore generale Francesco Saluzzo e del pm Paolo Scafi: “Cospito non merita sconti” aveva detto Saluzzo nella sua requisitoria, chiedendo la pena dell’ergastolo per l’ispiratore della Federazione Anarchica Informale e la condanna a 27 anni e un mese per la coimputata. Il pg, in particolare, ha affermato che se l’attentato a Fossano non ebbe “l’effetto voluto, che era colpire un numero indeterminato di carabinieri, fu solo per un caso”.
 
Una conclusione già avallata dai giudici di Cassazione, i quali avevano sottolineato come “solo per una mera casualità” la seconda bomba non avesse provocato vittime. I due ordigni esplosero in successione, nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006, nei pressi della Scuola Allievi Carabinieri, all’epoca ospitata nella caserma Dalla Chiesa di Fossano (sarebbe poi stata chiusa nel 2013). Le bombe furono posizionate sfruttando la cosiddetta “tecnica del richiamo”: una prima esplosione di più modesta entità, allo scopo di richiamare sul posto più persone possibile, seguita da una seconda più devastante. In questo caso la prima detonazione era avvenuta intorno alle 3 di notte, in un contenitore per la raccolta del vetro collocato sul marciapiede di fronte alla caserma. La seconda scoppiò mezz’ora dopo. Entrambi gli ordigni, a detta dei periti, avrebbero potuto uccidere, ma il secondo in particolare presentava “notevolissima potenzialità offensiva” e aveva provocato “una micidiale ‘mitragliata’ di schegge e detriti” sulla facciata.
 
Le bombe di Fossano si inscrivono in una lunga scia di attentati perpetrati in quegli anni dalle cellule anarco-insurrezionaliste della Federazione Anarchica Informale. L’azione più clamorosa sarebbe stata messa a segno nel 2012, con la gambizzazione del manager di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi, decisa in conseguenza del disastro di Fukushima e rivendicata dal Nucleo Olga della Fai-Fri. In entrambi i gradi di giudizio del processo “Scripta Manent”, nel quale sono confluite anche le indagini sui fatti di Fossano, i due principali referenti della “rete del terrore” erano stati ritenuti colpevoli. Alfredo Cospito, nato nel 1967 a Pescara, e la compagna Anna Beniamino, classe 1970, originaria di Bordighera, vivevano da anni a Torino dove lei gestiva un negozio di tatuaggi nel quartiere San Salvario.
 
Nell’ottobre dello scorso anno, dopo il primo processo d’appello, terminato con la condanna a 20 anni per Cospito e 16 anni e 6 mesi per Beniamino, la Cassazione aveva disposto un nuovo giudizio con l’imputazione aggravata. Non più strage “comune” ma “politica” perché, secondo i supremi giudici, le bombe miravano a influenzare le scelte governative in materia di immigrazione sulla questione dei Cpt. Significativa su questo punto anche la scelta della data, tra il 2 e il 3 giugno, ovvero a cavallo tra la nascita della “infame repubblica italiana” e “l’altrettanto infame anniversario dell’arma dei carabinieri”, come avrebbero spiegato gli autori della rivendicazione. In questi mesi l’attesa del nuovo giudizio si è intrecciata alla questione del 41 bis: contro il regime di detenzione “duro”, cui è sottoposto dal 5 maggio dello scorso anno, Cospito aveva iniziato in ottobre uno sciopero della fame, protrattosi fino alla sentenza con cui in aprile la Corte Costituzionale aveva aperto alla possibilità di una pena diversa dall’ergastolo per i fatti di Fossano.
 
Oggi per la prima volta l’anarchico ha negato il suo coinvolgimento nell’attentato: “Non c'è nessuna prova che noi abbiamo piazzato gli ordigni a Fossano” ha detto in videocollegamento dal carcere di Sassari, dove è stato di nuovo trasferito dopo la fine dello sciopero della fame: “Questo è un processo alle idee. Gli anarchici non fanno stragi indiscriminate, perché gli anarchici non sono lo Stato”. Nella sua ultima dichiarazione spontanea, prima che i giudici di Torino entrassero in camera di consiglio, ha anche parlato di un processo caratterizzato da “stranezze” e da “un evidente accanimento”.

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