FOSSANO - Zuffa tra parenti, nessun colpevole: assolta una coppia fossanese

Erano stati accusati di lesioni e minaccia dai cognati e vicini di casa. A scatenare la violenza un diverbio tra zia e nipote

a.c. 17/01/2023 18:45

È noto che i parenti, al pari dei vicini di casa, nessuno può sceglierli. Quando poi le due cose coincidono può capitare che i guai si facciano seri. È quanto accaduto a due famiglie fossanesi, residenti in una frazione.
 
A causa di un violento diverbio risalente al febbraio del 2021 i due imputati, marito e moglie, erano stati denunciati dai cognati che abitano in un diverso appartamento, nella stessa abitazione familiare. A lui si contestavano le lesioni inferte al marito della sorella, alla moglie anche una minaccia. Tutto è partito da una violenta lite tra l’imputata e sua nipote, che rincasava da un’uscita con le amiche: “Quando mi sono avvicinata mia zia - ha raccontato la giovane - mi ha insultata e mi ha chiuso la porta in faccia. Io ho aperto e le ho risposto a tono, poi mi sono girata per chiudere la porta. Lei mi si è avventata contro, lasciandomi lividi alla gola”.
 
La madre e il padre della ragazza erano usciti in rapida successione, intervenendo per separare le due. Nel corso della colluttazione l’uomo era stato raggiunto da un ciocco di legno in fronte, poi da un pugno al volto: in aula ha indicato rispettivamente la cognata e il cognato come responsabili. “I rapporti con mio cognato si sono interrotti quando lei è arrivata in casa” ha spiegato la persona offesa: “Ci insulta e sputa per terra ogni volta che ci vede passare. Anche mio figlio minore è spaventato non è più voluto scendere in cortile da quando è avvenuta l’aggressione”. “Tanti anni fa era già accaduta la stessa cosa e non l’avevamo denunciata” ha aggiunto la figlia: “A quei tempi parlavamo ancora con mio zio e pensavano che comunque non ci fosse una tale volontà di infierire anche su mio fratello piccolo”.
 
Entrambi gli imputati hanno negato sia le provocazioni denunciate, sia di essere in cattivi rapporti con il nipotino. “Non ho tirato il ciocco di legno in testa a mio cognato, erano tutti contro di me. Uno di loro deve averlo colpito per sbaglio” ha spiegato la donna, respingendo anche l’accusa di aver dato inizio alla zuffa: “Quella sera io e mio marito dovevamo uscire in auto, mentre chiudevo il cancello mia nipote mi ha squadrata dalla testa ai piedi e ha proferito un insulto. Io le ho urlato contro e i genitori sono scesi dalle scale, avventandosi contro di me”. Stessa versione è stata fornita dal marito e coimputato.
 
Per il pubblico ministero la colpevolezza della donna era sufficientemente provata, non così quella di suo marito. Perciò l’accusa aveva domandato una condanna a 6 mesi e 20 giorni per lei e l’assoluzione per il coimputato. Alla richiesta di condanna si era associata la parte civile costituita. La difesa ha obiettato che di quel pugno al naso non avevano parlato i sanitari né i carabinieri intervenuti: “Anche davanti al giudice il signore è stato molto incerto nel riferirne l’origine: dapprima dice che è stato il cognato, poi di non esserne certo. Come fa una persona a prendere un pugno sul naso e non vedere chi glielo dà?”. Analoghi dubbi sono stati espressi riguardo alla sussistenza della minaccia contestata alla donna: “La nipote riferisce che sua zia le ha detto soltanto ‘questo è poco di quello che ti farei’. Sappiamo che minacce, ingiurie e battibecchi vanno avanti da anni e sono reciproche”. Tanto è bastato per convincere il giudice ad assolvere entrambi con la formula “per non aver commesso il fatto”.

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