MONDOVÌ - Affittava alloggi alle prostitute a Mondovì, condannato un 67enne

Quattro anni e sei mesi per l’imputato, cui era contestata una recidiva specifica. Le indagini partirono dalla morte di un presunto cliente in un appartamento a Breo

a.c. 08/02/2022 17:05

In una delle intercettazioni con una certa Sonia lo si sentiva discutere riguardo al numero di prostitute da piazzare in un alloggio: “A Mondovì, che è piccola, ne metterò solo una” rispondeva l’uomo.
 
Lui, F.B., classe 1955, è finito a processo per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione dopo la scoperta di una rete di escort che gravitavano attorno a due appartamenti a lui riconducibili. Per reati analoghi, in passato, era già stato condannato con sentenza definitiva. La genesi dell’inchiesta risale al 2018, quando i carabinieri avevano incominciato ad interessarsi dell’insolito via vai di persone da due condomini situati lungo via Rosa Govone, a una decina di numeri civici l’uno dall’altro. A rafforzare i primi sospetti aveva contribuito la morte di un uomo in uno dei due alloggi: un decesso per cause naturali, all’interno di un’abitazione dove erano state poi identificate due prostitute di origini dominicane. Nei mesi successivi i militari avevano incominciato a “censire” i frequentatori abituali delle due presunte case del piacere. Entrambi gli appartamenti, si era scoperto, risultavano associati agli annunci pubblicati su una nota piattaforma online della prostituzione.
 
È emerso dagli accertamenti che gli indirizzi riconducevano a F.B., già identificato più volte durante gli appostamenti. I canoni oscillavano, per quanto è stato possibile ricostruire, tra duecento e i trecento euro complessivi a settimana, versati in contanti: con un guadagno ipotizzato di quasi 9mila euro solo per gli ultimi tre mesi del 2019. A gennaio del 2020 erano infine scattati gli arresti domiciliari a carico del sospettato: sul suo cellulare numeri che rimandavano a escort operanti anche a Milano, a Torino e in numerose altre città del nord e del sud Italia.
 
Il 67enne si è difeso in aula affermando di non sapere quale professione svolgessero le sue inquiline: “Affittando casa può capitare che si presentino persone dedite alla prostituzione e io ne ero consapevole. Per questo avevo previsto apposite clausole nel contratto che vietavano tali attività”. Il suo legale ha rimarcato il fatto che nessuno dei numerosi clienti sentiti come testimoni avesse menzionato l’imputato: “Nessuno lo conosceva o ha fatto riferimento a lui. Le stesse prostitute hanno dichiarato che si occupavano loro di tutto: pubblicità, contatti e incontri. F.B. veniva solo per riscuotere il canone o per occasionali riparazioni”.
 
Il pubblico ministero non ha creduto alla versione offerta dalla difesa: “Il modus operandi è analogo in tutti i casi. Gli appartamenti venivano affittati solo a prostitute e l’imputato ne era cosciente, come emerge sia dalle ispezioni che dalle intercettazioni”. A suo carico era emerso un manoscritto, vergato nel periodo della detenzione domiciliare, dove l’uomo faceva parziali ammissioni di colpa: “La lettera è in parte frutto della mia fantasia e della mia mente in quel momento confusa” si è poi giustificato. Altro elemento a favore dell’accusa, il riferimento alla volontà di “allargare il giro” anche nell’Imperiese, per la precisione ad Arma di Taggia: “Si trattava di affittare un villino a un circolo privato” ha replicato il difensore.
 
La Procura aveva chiesto la condanna a sei anni di reclusione, in considerazione della recidiva specifica. I giudici collegiali hanno infine condannato l’imputato a quattro anni e sei mesi di carcere.

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