MONDOVÌ - Bella vita con soldi e bancomat dell’amica disabile mentale: condannata una 53enne

La savonese Raffaella Cervetto è colpevole di circonvenzione d’incapace. A denunciarla una donna di Mondovì, ritrovatasi senza casa e denaro in un paio d’anni

Andrea Cascioli 21/02/2024 16:55

Due anni di spese con i soldi di qualcun altro, nello specifico quelli di una disabile mentale che a lei si era affidata in tutto e per tutto, consegnandole perfino il suo bancomat. La triste vicenda riguarda una donna di Mondovì, oggi 55enne, in cura per schizofrenia fin dai primi anni Novanta. È stata lei a denunciare Raffaella Cervetto, 53enne savonese, accusandola di averla ridotta quasi in miseria.
 
Un patrimonio dilapidato tra il 2016 e il 2018, accerteranno le indagini della Procura. In quel lasso di tempo “spariscono” gli 80mila euro che la disabile aveva ottenuto dalla vendita della casa di famiglia, altri 8mila euro in due finanziamenti accesi a suo nome, più i 15mila ricavati dalla cessione del quinto della pensione: “Malgrado questo - osserva il pubblico ministero Anna Maria Clemente - all’11 maggio 2018 il saldo del conto corrente ammonta a poco più di 2800 euro”. Soldi che secondo l’accusa l’autrice della querela non poteva aver speso da sola: “Ci sono stati ripetuti e ingiustificati prelievi di denaro contante, pagamenti con il bancomat che lei afferma di aver affidato alla Cervetto e che del resto non sapeva nemmeno utilizzare. Nel 2016 vengono prelevati poco più di 30mila euro, nel 2017 si arriva a più di 60mila”.
 
In aula la vittima della circonvenzione ha raccontato di aver conosciuto l’imputata tramite un’altra paziente del Centro di salute mentale di Mondovì, dove si trovava in cura. “All’inizio - ha spiegato - mi voleva bene, mi aiutava quando stavo male e mi portava a Sant’Anna di Vinadio a fare i pellegrinaggi. Dopo ha cominciato ad angariarmi in tutti i modi: insulti, minacce. Mi ha fatto vendere casa dicendo che non potevo più stare sola e che lei mi avrebbe tenuta con sé a Cuneo, ma non è successo”. Era stata l’amica, ha spiegato, a convincerla che i suoi soldi non fossero al sicuro in banca e che avrebbe invece potuto custodirli in cassaforte: “Però non ho mai visto questa cassaforte”. Sempre su iniziativa della Cervetto l’altra donna aveva ceduto il quinto della pensione e il bancomat: “Mi mandava a prelevare cifre enormi agli sportelli, anche seimila euro al giorno”. Una volta trasferitasi a Cuneo, la disabile era stata sistemata in un alloggio della Caritas, poi in un altro a San Pietro del Gallo dove conviveva con un’altra donna: “Nel garage erano stati sistemati i mobili di casa mia, l’avevo implorata di non darli via perché erano miei”. Tutto, invece, sarebbe poi sparito: i braccialetti della madre, i ricordi suoi e di suo fratello.
 
“Non so che lavoro facesse, - aggiunge la teste - vedevo però che aveva sempre indosso gioielli molto belli e mi chiedevo dove li prendesse. A me aveva chiesto di firmare assegni in bianco sostenendo che servissero per pagare i ristoranti dove andavamo, ma a volte mi fermavano dicendo che il conto non era saldato”. Un esposto era arrivato in Procura solo dopo che la signora aveva ripreso le visite presso il Centro di salute mentale: “Quando siamo intervenuti - ha chiarito il dottor Massimo Cervella - sul conto non c’era più un centesimo”. Dalle successive indagini era emerso anche che alcuni prelievi erano stati effettuati in territorio albanese, nel giugno 2017: “Sappiamo che la titolare della carta non si è mai allontanata dall’Italia e che invece la Cervetto aveva intrattenuto una relazione con un cittadino albanese” ha ricordato il pm, chiedendo la condanna a quattro anni e sei mesi.
 
L’avvocato Paolo Brin, suo difensore, ha obiettato invece che “di questi atti di depauperazione la Cervetto non è stata beneficiaria: la capillare attività d’indagine non ha trovato un euro depositato sul suo conto o in casa sua”. Al di là delle operazioni ritenute sospette dalla Procura, ha aggiunto il legale, “nessun elemento può far affermare che siano state frutto di induzione da parte della Cervetto, se non quanto detto dalla persona offesa anni dopo”. In particolare, la difesa ha smentito l’ipotesi che la Mercedes in uso all’imputata - all’epoca priva di redditi - fosse stata acquistata con i soldi dell’amica: “C’è stato un finanziamento coperto dalla madre dell’imputata, intestataria dell’auto, con la sua pensione”.
 
Il giudice Marco Toscano, ritenendo provata la sua responsabilità, ha condannato Raffaella Cervetto alla pena di due anni e nove mesi di reclusione. Nel 2013 la stessa imputata, residente a Cuneo e già titolare di un ristorante a Prato Nevoso, aveva patteggiato quattro anni per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Più di recente è stata coinvolta in inchieste per esercizio abusivo della professione di architetto e per aver percepito senza diritto una pensione d’invalidità come non vedente parziale: accusa, quest’ultima, per la quale era stata invece assolta.

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