PIANFEI - Condannati quattro “portoghesi”: mangiarono e dormirono senza pagare in un quattro stelle

Avevano lasciato un conto da 900 euro in un hotel-ristorante di Pianfei, da dove uscirono passando per il garage. Ora dovranno saldarlo e risarcire il danno

a.c. 25/05/2022 18:22

“Costa più la salsa del pesce” recita un noto adagio popolare, quando si vuole indicare che una certa azione ha scarsa convenienza. A quattro “portoghesi”, condannati per essere fuggiti da un albergo senza saldare un conto da 870 euro, toccherà ora pagare quanto dovuto e risarcire anche il danno morale ai titolari.
 
Il giudice Anna Gilli li ha condannati infatti al pagamento di 1400 euro in favore della parte civile costituita, ovvero l’hotel ristorante “La Ruota” di Pianfei. Qui i quattro, due uomini e due donne, tutti residenti nel Cuneese, erano stati ospiti nella primavera del 2019. Dopo una ricca cena e due notti trascorse in tre diverse stanze, erano usciti dal garage dell’albergo facendo perdere le loro tracce.
 
L’hotel però aveva segnato le loro generalità e si è riusciti così a risalire senza difficoltà ai quattro. Dopo un infruttuoso scambio di mail, è partita la denuncia per insolvenza fraudolenta. La prenotazione era stata effettuata a nome di una delle ragazze, G.E.B., ma la Procura ritiene che il vero artefice dell’operazione sia stato F.G., pregiudicato all’epoca residente a Beinette, per il quale era stata richiesta la pena più alta: “Hanno prenotato su Booking - ha spiegato il pubblico ministero Raffaele Delpui - con una mail che riconduceva a un’azienda di noleggio auto. Quando poi è stato è stato domandato il saldo del conto, F.G. si è stizzito per la mancata presentazione della fattura: un pretesto irriverente”.
 
Gli altri due imputati, S.R. e M.I., avevano una posizione più defilata. Quest’ultima, in particolare, si sarebbe aggregata al gruppo di amici solo la sera successiva. Ciò non le ha comunque evitato la condanna: “In struttura, prima di scappare, hanno consumato anche l’intero contenuto dei frigobar” aveva puntualizzato l’avvocato di parte civile. Nel successivo scambio di mail F.G. si sarebbe dichiarato più volte disposto a saldare, senza però provvedere per tempo: “Io non sono uno che scappa” aveva garantito.
 
A lui è toccata la condanna più alta, quattro mesi di carcere. Per G.E.B. e S.R. due mesi a testa, con il beneficio della sospensione condizionale e la non menzione nel casellario giudiziale. Per M.I., infine, un mese di reclusione.

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