CEVA - Ferì il collega con un coltello da macellaio: per il giudice non c’è reato

I due, dipendenti di una ditta di lavorazione carni a Ceva, avevano litigato per un motivo banale. L’autore del ferimento venne poi licenziato dall’azienda

a.c. 24/05/2022 17:05

È stato assolto per non aver commesso il fatto l’ex dipendente di un’azienda di macellazione di Ceva, M.C., accusato di lesioni a seguito del ferimento di un collega nel settembre 2020.
 
Per il giudice Elisabetta Meinardi l’uomo non colpì intenzionalmente l’altro dipendente della ditta Fratelli Faccia, col quale aveva avuto un diverbio sul posto di lavoro per un motivo banale. Il tribunale ha accolto così la prospettazione della difesa, secondo cui la ferita sarebbe scaturita da un involontario contatto tra i due. Di parere diverso si era mostrato il caposquadra, intervenuto in un secondo tempo per separare i contendenti e soccorrere il ferito: a suo giudizio, infatti, si trattava di “una ferita troppo lunga per essere involontaria”.
 
Il responsabile del personale ha precisato che M.C. era già stato destinatario di svariate lettere di richiamo, anche a causa delle frequenti liti con i colleghi. In più occasioni era stato richiamato per essere uscito dal reparto con un coltello in mano: “I coltelli devono rimanere sulla pedana di lavoro o nel portacoltelli, se non si stanno eseguendo dei lavori. A lui, nella sua mansione di addetto alla pulizia delle frattaglie, era assegnato un angolo apposito proprio perché non rischiasse di venire in contatto con altri”. Per questo motivo, pur essendo un lavoratore con diversi anni di servizio, era stato licenziato in seguito a questo episodio.
 
Il pubblico ministero Alessandro Borgotallo ha richiamato la circostanza nel rassegnare le proprie conclusioni, chiedendo un anno di reclusione per l’imputato: “Un soggetto problematico, restio agli obblighi compreso quello di tenere i coltelli nelle rispettive postazioni. Ma anche una persona rissosa che aveva già litigato con diversi colleghi”. Secondo il procuratore, da operaio esperto M.C. avrebbe mal tollerato le scelte dei “novellini”, come quel collega che era stato assunto da appena un anno: “Non è un infortunio sul lavoro, ma l’aggressione di una persona nota per essere violenta e attaccabrighe”. Alle medesime considerazioni si è associato l’avvocato Giuseppe Galvagno, patrono di parte civile: “La dinamica dei fatti non può essere avvenuta se non nei termini riferiti dalla persona offesa”. Fuori discussione che ci sia stata quantomeno un’imprudenza, ha aggiunto il legale, domandando 10mila euro di risarcimento.
 
“La testimonianza della parte offesa è smentita dagli unici due testimoni diretti” ha obiettato l’avvocato Manuela Roà, difensore dell’imputato. Per la difesa è una “spiegazione logica” quella fornita dall’imputato, quando afferma di aver essere solito tenere il coltello all’indietro anziché rivolgerlo in avanti: “Nessuno dice di averlo visto brandire il coltello verso l’alto come afferma l’autore della denuncia, che non è stato in grado nemmeno di indicare con precisione dove fosse stato ferito”.

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