MONDOVÌ - Il fucile (scarico) puntato contro la vicina: la lite tra condomini finisce con una condanna

All’origine del processo per minaccia un’annosa “faida” tra due nuclei familiari a Mondovì. L’imputato tornava da una battuta di caccia

Andrea Cascioli 12/12/2023 17:40

È terminato con una multa il processo per minaccia a carico di un uomo residente a Mondovì, denunciato dalla ex vicina. Si tratta di un’annosa “faida” tra i due nuclei familiari, da cui sono scaturiti anche altri procedimenti penali.
 
Nel caso di specie A.S. era accusato di aver brandito il fucile nel cortile condominiale, puntandolo contro la donna, una 54enne sposata e con figli che ha in seguito cambiato abitazione. Quel pomeriggio di sei anni fa, ha ammesso lei stessa, una brutta lite con la moglie dell’imputato era già degenerata prima ancora che A.S. tornasse a casa: “L’ho colpita con uno schiaffo” ha riconosciuto la querelante. Al ritorno dell’imputato da una battuta di caccia, gli animi si sarebbero di nuovo esacerbati: “Ha puntato il fucile contro di me e mio marito, che era vicino, gliel’ha tolto di mano” ha raccontato la donna, sostenendo che il vicino avrebbe anche istigato la moglie ad accoltellarla.
 
L’accusato, dal canto suo, ha negato gli addebiti, precisando di aver solo preso il fucile dall’auto per riporlo nella sua rimessa in cortile: “Ho sentito i bambini piangere e mia moglie che urlava, dopo essere stata picchiata. Il fucile era nel mio laboratorio a trenta metri di distanza, ho detto qualcosa come ‘questa qui vuole una fucilata’ e ho fatto il gesto di andarlo a prendere, ma nient’altro”. In tutto questo, ha aggiunto, aveva comunque lasciato le cartucce sulla vettura. “L’avevo visto frugare, non so dire però se il fucile fosse carico” ha detto il marito della 54enne, presente ai fatti. Un altro testimone, amico dell’imputato, era con lui quel giorno. Ha confermato di averlo visto bisticciare con la vicina, senza però comprendere cosa stessero dicendo. Non ci sarebbero state minacce con l’arma: “Ce l’aveva sotto braccio, a un certo punto non ho più visto la custodia”.
 
Questo particolare, soprattutto, aveva indotto il pubblico ministero a ritenere fondata l’accusa e a chiedere una sanzione pecuniaria. “Non è un fatto isolato e nemmeno una sciocchezza, è stata una minaccia grave” ha sostenuto l’avvocato di parte civile Stefano Barzelloni: “La minaccia si inserisce in un contesto di accuse reciproche e procedimenti pendenti”. L’avvocato Piero Jemina, difensore dell’imputato, ha negato che potesse esservi in quel contesto una vera minaccia: “Il fucile non è mai uscito dalla custodia, non si capisce allora cosa volesse ‘puntare’. Nessuno dei testi ha affermato che fosse carico. In definitiva vi era un oggetto scarico all’interno della custodia, non era da considerarsi in quel momento un’arma”.
 
Il giudice Lorenzo Labate ha infine comminato all’imputato una multa di 800 euro.

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