MONDOVÌ - Insulti razzisti sui social, il legale del giovane monregalese spiega: ‘Si scusa, ma era un video privato’

L’avvocato Alessio Ghisolfi interviene nella querelle: ‘Il ragazzo conosce la storia, ha viaggiato sul treno della memoria per Auschwitz. Non voleva diffondere odio’

Redazione 07/07/2020 21:55

Non si placa lo scandalo provocato dal video diffuso sui social da un 19enne di Mondovì, M.R., contenente gravi insulti sessisti e razzisti all’indirizzo di una giovane di colore con la quale il ragazzo aveva avuto in precedenza un alterco in seguito a un incidente stradale.
 
Il video risale alla metà di giugno ma è stato ‘rilanciato’ a seguito della denuncia pubblica di una pagina Facebook e di alcuni quotidiani nazionali. Allo sdegno provocato da quelle parole - e rivolto anche alla società sportiva nella quale M.R. milita, la Monregale Calcio - si sono associate diverse personalità della musica e dello spettacolo e il ministro per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti.
 
Sulla questione interviene ora il legale di fiducia di M.R., l’avvocato Alessio Ghisolfi, con la nota che di seguito pubblichiamo:
 
Assumiamo oggi una doverosa posizione in ordine all’episodio relativo ad un video privato, diffuso ad insaputa del mio assistito e senza alcun suo consenso, su canali social e strumenti multimediali.
 
Questo frame destinato una visione privata, e non pubblica, ha destato clamore, in considerazione dei toni utilizzati, elevandosi a manifesto e programma politico, mentre in realtà si è trattato di una sceneggiatura privata che tale resta.
 
Tutti ne stigmatizziamo i contenuti ma prima dobbiamo comprendere che si tratta di una sceneggiatura da vedere e cancellare tra amici; un gioco che non piace, appositamente utilizzo questo termine, ma che ha un solo movente privato e non pubblico come l’illecita diffusione gli ha attribuito.
 
Non ha infatti un fine divulgativo e meno che mai è stato concepito con l’obiettivo di divenire strumento di diffusione di odio come un suo utilizzo distolto, ad opera di terzi, ha invece prodotto.
 
Una condotta privata che diviene certamente paradossale, non condivisibile e provocatoria a maggior ragione quando si eleva a lettura pubblica nell’epoca della velocità e dei social e nell’attuale panorama di dura conquista dei diritti e delle libertà.
 
Mio tramite Marco, dopo giorni di riflessione trascorsi nel dolore, si scusa oggettivamente ed a prescindere con quanti possano essersi sentiti toccati su un tema con cui giustamente è molto difficile scherzare, forzare la mano, provocare anche nel proprio privato; l’approccio provocatorio e l’indignazione generale determinato dalla rivista parigina Charlie Hebdo, in questi anni, ha molto segnato il dibattito internazionale sul tema e sul valore delle parole.
 
Ma questo video non era destinato alla sua diffusione pubblica, non è mai stato questo il suo obiettivo e non è la rappresentazione di questo ragazzo di 19 anni: egli conosce la storia e si è rivolto a me poiché ha vissuto l’esperienza del treno della Memoria che li ha portati ad Auschwitz; conosce le conseguenze del tema che oggi trattiamo e che ha vissuto un sopravvissuto alle barbarie delle leggi del 1938 che lo stesso, accoratamente, ha raccontato a Magliano Alpi e nel libro testimonianza che ho firmato con Giancarlo Caselli.
 
Estrapolare illecitamente un video da un contesto privato e diffonderlo attribuendogli un movente non è rappresentare il pensiero e l’obiettivo di Marco, che corre sui campi di calcio con compagni di ogni etnica, il quale si scusa con tutti, con le persone citate e con la sua famiglia.
 
Avv. Alessio Ghisolfi

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