GORZEGNO - Interessi stellari e finte compravendite, a processo per usura un mediatore d’affari di Gorzegno

Per giustificare i giri di denaro avrebbe inscenato acquisti fittizi di auto di lusso e Rolex da parte dei suoi debitori

a.c. 10/07/2019 20:31

“Mi ha fatto un piacere che la mia banca non mi avrebbe fatto, e in quel momento rischiavo di finire protestato per un debito da mille euro. Non sono mai stato minacciato da nessuno”: sintetizza così il suo rapporto con il procacciatore d’affari di Gorzegno S.C., imputato per usura, un muratore 45enne oggi ascoltato nel processo che vede alla sbarra - insieme al mediatore 60enne - un serramentista 35enne di Alba, J.D. (suo padre, anch’egli rinviato a giudizio, è deceduto).
 
Il testimone è stato titolare fino al luglio 2017 di un’impresa individuale con sede a Cerreto Langhe, poi chiusa per fallimento. Ma non navigava in acque tranquille nemmeno tre anni prima, quando appunto aveva rischiato di non riuscire a coprire un assegno da mille euro. A cavarlo d’impaccio aveva provveduto proprio S.C., presentato dai due serramentisti come un amico che li aveva aiutati a far fronte a occasionali difficoltà economiche e che avrebbe potuto dare una mano anche a lui. Il muratore in effetti era riuscito a scongiurare il guaio, ma a che prezzo? Stando alla sua ricostruzione, i 900 euro presi in prestito (altri cento li mise lui in contanti) sarebbero stati restituiti con un assegno senza intestatario e senza data dell’importo di 1150 euro. I 250 euro in più, assicura, non erano aggiunti a titolo di interesse ma come semplice segno di ‘riconoscenza’ per l’aiuto ricevuto.
 
Ci sono comunque parecchi dettagli che non tornano, obietta il pubblico ministero Chiara Canepa. Intanto il fatto che dopo il primo assegno il muratore ne avrebbe consegnato un secondo, sempre privo di intestazione ma questa volta da 1500 euro: interrogato dai Carabinieri subito dopo l’avvio dell’inchiesta, il muratore aveva dichiarato che questo secondo assegno versato a maggio 2014 era stato dato in garanzia perché non era riuscito a far fronte al pagamento degli interessi mensili richiesti dal creditore. Questo assegno sarebbe poi stato incassato da un agricoltore di Alba, W.T., con cui l’uomo non aveva mai avuto rapporti.
 
C’è di più, perché in un’altra occasione il 45enne aveva riferito di essersi recato in un capannone di Diano d’Alba a consegnare un assegno da 2800 euro in pagamento per l’acquisto di materiali. Nulla di strano, se non fosse che a ritirare l’assegno non era stato il presunto venditore, un imprenditore attivo nel recupero di rottami metallici a Dogliani, ma di nuovo S.C.: per concordare l’acquisto aveva parlato con lui, si giustifica il muratore, che tuttavia non è a conoscenza di rapporti d’affari tra i due. Lo stesso assegno, bisogna aggiungere, fu ritrovato nella camera da letto dell’imputato dopo una perquisizione. “Faccio andare un blocchetto di assegni a settimana, non me li ricordo tutti” risponde oggi il teste a chi gli chieda come mai tutti gli assegni fossero privi di intestazione, e perché lui stesso sembri poco attento al fatto che venissero incassati o meno - sebbene le sue condizioni finanziarie non fossero rosee.
 
Ma sono numerose le incongruenze emerse in un’inchiesta nata cinque anni fa dopo la denuncia di un imprenditore del Cebano, che raccontava di aver dovuto restituire 108mila euro dopo aver contratto un debito di circa 35mila euro con S.C.: interessi enormi, che crescevano del 10% ogni dieci giorni dalla data di restituzione pattuita, a cui sarebbero stati soggetti anche altri nove imprenditori delle province di Cuneo, Savona e Torino. A tutti il presunto usuraio avrebbe chiesto di consegnare assegni firmati, in bianco, con la minaccia di incassarli facendo ‘saltare il banco’ qualora i debitori non fossero stati in grado di far fronte alle loro promesse.
 
Per giustificare questi giri di denaro, secondo l’accusa, venivano messe in piedi compravendite fittizie di auto e orologi di marca dove S.C. figurava come intermediario. Un quadro paradossale che avrebbe visto persone in profonda difficoltà economica acquistare Audi e Rolex d’oro mentre contraevano prestiti a tassi stratosferici per salvare le loro aziende. Per far luce su questi aspetti sono stati chiamati a testimoniare due rivenditori d’auto di Castelletto Stura e San Michele Mondovì, entrambi in rapporti d’affari con S.C. da parecchi anni. I due hanno confermato di aver messo a segno parecchie vendite grazie alla sua mediazione, senza però essere a conoscenza di quale fosse la provvigione incassata dall’uomo.
 
All’avvio delle indagini, il mediatore d’affari era stato sottoposto agli arresti domiciliari e i Carabinieri di Ceva, con il supporto dei colleghi di Mondovì, avevano censito circa trentamila conversazioni, tra intercettazioni telefoniche e ambientali, poi dichiarate inutilizzabili in tribunale per carenza di motivazione nel decreto autorizzativo. Nell’abitazione dell’indagato, che era risultata essere intestata al padre defunto dodici anni prima, erano stati effettuati sequestri preventivi di preziosi e contanti per oltre 50mila euro.
 
Tre delle sei persone coinvolte nell’inchiesta, l’agricoltore albese W.T., la ballerina G.B. e l’artigiano edile di Cairo Montenotte M.P., sono già stati giudicati con riti alternativi.

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