MONDOVÌ - Mondovì, carabiniere condannato per undici ore di straordinario ‘fantasma’

Alcune richieste di remunerazione erano formulate in orari incompatibili con la sua presenza in ufficio: ‘Pochi computer in caserma, ero costretto a lavorare da casa’

a.c. 21/10/2020 20:06

 
Un anno di pena per poche ore di straordinari non dovuti. Ai giudici del tribunale di Cuneo non è bastata la spiegazione fornita da F.B., appuntato dei carabinieri in servizio presso il Comando Compagnia di Mondovì, a processo per falso ideologico per una vicenda risalente al 2016.
 
Il militare era accusato di aver indicato al suo comandante ore di servizio aggiuntive in realtà mai effettuate tra maggio e luglio: in totale undici ore retribuite con 132 euro lordi, al netto 77,14 euro. A norma di regolamento, gli straordinari vengono conteggiati solo se i carabinieri si trovano in ufficio o impegnati in servizi esterni. A tutela del segreto istruttorio, inoltre, la compilazione degli atti deve avvenire in caserma, mentre stando ai rilievi tecnici della Procura l’imputato avrebbe creato diversi files sul pc di casa limitandosi poi a copiarli sul computer di lavoro.
 
In seguito agli accertamenti, i colleghi di F.B. avevano appurato che alcune richieste di remunerazione straordinaria da parte sua erano pervenute in orari nei quali l’appuntato non si trovava in ufficio. Dalla verifica documentale era emersa in particolare una richiesta giudicata “spropositata” rispetto al tempo che sarebbe stato necessario per redigere un rapporto su un furto in abitazione. Il carabiniere accusato ha giustificato l’anomalia con l’impossibilità di redigere tutti gli atti in ufficio, stante la carenza di strumenti informatici a disposizione: “A Mondovì ci sono due computer per 14 pattuglie, è complicato accedere alla postazione anche perché se un collega deve redigere un verbale urgente bisogna subito lasciarli il posto. Siamo tanti con pochi computer, ma gli atti vanno chiusi in tempi rapidi”. Di qui la presunta necessità di “portarsi a casa” parte del lavoro, che F.B. sostiene di aver sempre svolto in modo regolare: “Anche la relazione sul furto è stata preparata a casa, ma l’ho completata in caserma prima che iniziasse il turno”.
 
Il sostituto procuratore Attilio Offman non ha però ritenuto convincente questa giustificazione, chiedendo una condanna a un anno e quattro mesi per il militare: “Il problema non è se abbia o meno lavorato per redigere quegli atti, ma se lo abbia fatto in caserma, che è condizione necessaria per il pagamento dello straordinario. La gravità del reato commesso dipende anche dal fatto che se in un processo penale la difesa contestasse un errore nel verbale il giudice dovrebbe tenere conto del distacco temporale tra il sopralluogo e la redazione dell’atto”. “Una vicenda triste per chi conosca le capacità dell’appuntato” ha commentato l’avvocato Pier Carlo Botto. Il legale ha ammesso la sussistenza del falso ma ha aggiunto che “la dichiarazione falsa era strumentale alla situazione in caserma, dove si era costretti a organizzarsi per lavorare da casa pena l’impossibilità di svolgere il lavoro”.
 
I giudici hanno ritenuto sussistenti solo alcune delle contestazioni formulate dall’accusa.

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