MONDOVÌ - Mondovì, mosso dalla gelosia entra nell’auto dell’amico e lo picchia a sangue: condannato un albanese

L’uomo aveva agito insieme a un complice dopo aver visto una foto su Facebook. Alla vittima era stato sottratto anche l’iPad: “Mai vista una violenza così”

a.c. 27/11/2020 17:20

 
“Non ho mai visto una cattiveria simile, non mi sarei aspettato una violenza del genere da nessuno e tantomeno da qualcuno che conoscevo”: a parlare è un giovane ex agente di commercio, oggi 28enne, che nel 2015 ha denunciato due suoi amici per rapina, lesioni e minacce dopo un folle pestaggio.
 
G.V. e A.N., entrambi di nazionalità albanese e residenti a Mondovì, sono già stati giudicati per la rapina dal gup. Con l’accusa di lesioni aggravate e minaccia è poi stato rinviato a giudizio in un diverso procedimento il solo A.N. che era stato assolto per l’altro capo d’imputazione.
 
A ricostruire l’antefatto della vicenda è stato l’autore della denuncia: “Avevo incontrato A.N. intorno al 2014 in un bar di Vicoforte, tramite amicizie comuni con la sua compagna. Poi abbiamo cominciato a vederci a Mondovì”. Un rapporto di conoscenza amicale o quasi che coinvolgeva anche G.V. e le rispettive compagne, ma che avrebbe poi scatenato la gelosia dei due albanesi. Tutta colpa di una foto su Facebook, racconta la parte offesa: “Una sera ero stato fotografato con la moglie di A.N. e un gruppo di persone al bar. L’immagine era stata pubblicata sui social”. Sarebbe stato questo il movente dell’aggressione maturata nel parcheggio dell’ex discount Ekom, dove l’agente di commercio era parcheggiato nella sua auto: “Ho visto A.N. salire dal lato passeggero e G.V. sul sedile dietro. Sul momento non mi sono preoccupato proprio perché li conoscevo, poi hanno iniziato a pestarmi”.
 
La spedizione punitiva si sarebbe conclusa lasciando il giovane tramortito e sanguinante, con un timpano perforato: prima di andarsene, uno dei due aveva anche sottratto il suo iPad aziendale. La vittima si è detta convinta che il vero motivo dell’aggressione potesse essere proprio la rapina, tuttavia nel formulare la denuncia non aveva rivelato subito l’identità dei picchiatori: “Mi spaventavano molto, avevo sentito voci sul loro conto e temevo potessero fare del male anche a miei familiari”. Pochi giorni dopo entrambi i presunti autori delle violenze avrebbero cercato di “aggiustare” la situazione: A.N. ci aveva provato con una serie di messaggi, conclusi però da un perentorio “te la farò pagare”.
 
Di “un’aggressione brutale, testimoniata dal certificato medico e dalle tracce ematiche nell’auto” ha parlato il pubblico ministero Raffaele Delpui, chiedendo l’imputato la condanna a un anno e un mese di carcere: “Le modalità sono al limite del sequestro di persona. Dal punto di vista psicologico si può comprendere sia il timore della vittima che la gelosia dei due aggressori, appartenenti a una cultura balcanica che ritiene molto gravi i presunti torti di questa natura”. Per la difesa, l’avvocato Paolo Botasso ha parlato di una ricostruzione dei fatti poco credibile da parte della vittima anche alla luce di quanto dichiarato all’epoca della denuncia: “A.N., assolto per la rapina, lo aveva contattato giorni dopo solo per chiarire che non c’entrava con le lesioni subite dal ragazzo”.
 
Il giudice Marco Toscano ha infine condannato l’imputato a nove mesi di reclusione, applicando il beneficio della sospensione della pena.

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