MONDOVÌ - Mondovì, rubò un computer al cliente che non gli aveva pagato il “fumo”: condannato

Insieme a un complice l’uomo era partito da Vercelli per ottenere i 290 euro dovuti. Il giudice lo ha sanzionato per il furto ma assolto dal reato di lesioni

a.c. 09/03/2021 16:35

 
Era partito da Vercelli, fermandosi nel Torinese per recuperare un complice a Chivasso, al solo scopo di intimidire un giovane di Mondovì e ottenere da lui il pagamento di un debito per l’acquisto di venti grammi di hashish.
 
Le cose però sarebbero degenerate al punto che M.S., l’organizzatore della spedizione, avrebbe aggredito alle spalle e buttato a terra con violenza il monregalese, trovandolo sotto casa insieme alla fidanzata e al suo cane. A quel punto i due avrebbero ordinato alla sua compagna di aprire la porta di casa e l’altro uomo, A.S., sarebbe entrato portando via il computer del debitore come “pegno” per i 290 euro dovuti. L’aggredito era stato trovato sanguinante dai carabinieri ma in un primo tempo aveva rifiutato di denunciare i due conoscenti, attribuendo la responsabilità delle sue ferite a una caduta accidentale. Solo il giorno dopo si sarebbe ricreduto, affermando di non aver denunciato subito il fatto perché impaurito. In ospedale non si era comunque fatto refertare, limitandosi a chiedere un antidolorifico.
 
A seguito della querela per i fatti avvenuti nel quartiere Piazza il 26 novembre 2018, il presunto spacciatore si è trovato a processo per lesioni personali e rapina in concorso. Il coimputato ha patteggiato la pena, mentre M.S. ha seguito il rito ordinario e ha reso la propria versione dei fatti: “Quando siamo arrivati a Mondovì lui è sceso di casa con il cane. Aveva un atteggiamento arrogante, diceva di non volermi dare i soldi e cercava tante scuse. Abbiamo discusso e poi litigato. Io gli ho dato uno spintone perché avevo paura che il cane mi facesse male, ma eravamo andati lì solo per parlare. Poi abbiamo preso il pc come garanzia del credito: gli avevo detto che se mi avesse pagato gli avrei restituito il computer”.
 
Il pubblico ministero ha chiesto per l’imputato la condanna a quattro anni e quattro mesi, parlando di “un preciso disegno criminoso” da lui attuato. Dalla difesa sono stati avanzati dubbi circa la veridicità di quanto dichiarato dalla parte offesa. Il titolo di credito non avrebbe riguardato la cessione del “fumo” ma un semplice prestito fra amici e la lesione non aveva comportato un solo giorno di prognosi: “Il medico non è nemmeno riuscito a medicarlo perché quando lui è andato all’ospedale non ha voluto togliersi i dread”. Inoltre, ha sostenuto il legale, insieme a M.S. e ad A.S. sarebbe stato presente un grosso spacciatore che l’aggredito non avrebbe voluto denunciare perché intimorito: “La verità è che la porta della casa era aperta e loro sono entrati insieme” ha concluso il difensore chiedendo di derubricare il reato di rapina in esercizio arbitrario delle proprie ragioni e di assolvere l’imputato dalle altre accuse.
 
Il giudice ha riqualificato la contestata rapina nel reato di furto, condannando M.S. alla pena di due anni e due mesi di reclusione e assolvendolo per le lesioni.

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