SAN MICHELE MONDOVÌ - Morì a San Michele Mondovì schiantandosi contro un tir: il camionista è a processo

La Procura ha chiesto l’assoluzione dall’accusa di omicidio stradale. Il 72enne deceduto, colpito da un’ischemia, invase la corsia del camion

a.c. 30/05/2023 15:25

Un incidente mortale che purtroppo non si sarebbe potuto evitare, nemmeno a velocità inferiore: questa la dinamica ricostruita a proposito del sinistro che costò la vita a Sergio Avico il 30 ottobre del 2020.
 
Settantadue anni, residente in frazione San Paolo nel comune di San Michele Mondovì, il pensionato si era scontrato contro un camion lungo la Statale 28. All’arrivo dei soccorsi non si era potuto fare altro che constatare il decesso del guidatore della Fiat Panda. Per A.Z., l’autista del tir, la Procura ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio con l’accusa di omicidio stradale.
 
Tuttavia una successiva perizia ha appurato che Avico era stato colpito da un’ischemia, prima di invadere la corsia opposta. Per questo l’auto non aveva nemmeno accennato a fermarsi: “La collisione era inevitabile perché il conducente della Panda non ha reagito e ha continuato ad avanzare verso l’autocarro in frenata” ha affermato in aula l’ingegner Luigi Fiumana, consulente della difesa, aggiungendo che “le condizioni di visibilità erano ottime, non c’era nebbia”. Secondo il perito nominato dal pm, l’ingegner Roberto Storace, il camion viaggiava a una velocità compresa tra i 70 km/h e i 72 km/h. Il limite in quel tratto di strada era stato abbassato a 50 chilometri orari solo pochi mesi prima: “Ricordo che la questione era stata anche oggetto di discussione sui giornali” ha testimoniato il maresciallo capo Daniele Di Martino, tra i primi ad accorrere sulla scena dell’incidente dopo una pattuglia dei carabinieri di Ceva.
 
Avico, al momento dell’urto, non indossava le cinture. Anche questa circostanza, confermano i consulenti, vale ad escludere l’ipotesi che lo scontro potesse non risultare mortale, se il camionista si fosse comportato in altro modo: “Un urto a cinquanta all’ora - afferma l’ingegner Storace - non è un urto da poco su un mezzo come quello. È come se la Panda urtasse un ostacolo fisso”. La difesa si è soffermata anzi sulla prontezza di riflessi del guidatore, il quale avrebbe impiegato un secondo - il tempo minimo di reazione - per pigiare sul freno: “Il tratto con limite a 50 km/h iniziava solo un centinaio prima. Se avesse marciato a quella velocità - conclude l’ingegner Fiumana - si sarebbe fermato prima del punto d’urto, ma la Panda lo avrebbe raggiunto lo stesso”.
 
Sia il pubblico ministero che i difensori hanno rassegnato conclusioni assolutorie. Il giudice si esprimerà il prossimo 7 luglio.

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