VIOLA - Morì sulla pista di mountain bike a Viola, il gestore è a processo per omicidio

Il 38enne imperiese Andrea Pastor era con alcuni amici: fatale la caduta dopo un salto. “Una rampa intermedia avrebbe potuto salvarlo” sostiene il perito

Immagine di repertorio

Andrea Cascioli 19/03/2024 18:08

Morire a 38 anni per un salto in mountain bike, davanti agli occhi attoniti degli amici: il destino di Andrea Pastor, vigile del fuoco e padre di due figli piccoli, suscita sgomento e domande ad oltre due anni di distanza dalla tragedia.
 
Per la sua morte, avvenuta il 3 ottobre 2021 a Viola Saint Grée, è a processo per omicidio colposo il gestore del locale impianto di downhill. Originario di Pigna, nell’entroterra imperiese, Pastor aveva lavorato anche a Cuneo prima di ottenere il trasferimento a Ventimiglia, vicino a casa: era nella squadra SAF, l’“élite” del soccorso alpino e fluviale dei pompieri. Quella domenica, insieme a quattro amici, aveva deciso di cimentarsi per la seconda volta su pista: un’esperienza nuova per lui che era comunque uno sportivo provetto e un grande appassionato di mountain bike. La caduta, dopo un salto sulla pista Saltimbanco, gli fu fatale: “Ha sbattuto all’altezza del petto sul bordo della seconda rampa, quella di atterraggio. Io l’ho visto succedere ma non ho sentito nulla” ricorda uno dei presenti. Il salto era congegnato male, sostiene l’ingegner Alessandro Bruna, consulente di parte civile: “Non si poteva valutare la presenza del vuoto tra la rampa d’ingresso e quella di atterraggio”.
 
Alcuni accorgimenti, secondo il perito, avrebbero potuto salvare la vita a Pastor: bastava fornire “opportune e più idonee protezioni” allo spigolo della rampa, non protetto dal materasso. Oppure inserire una rampa intermedia: “Qualora il biker avesse avuto un’indecisione, gli avrebbe consentito di percorrere il collegamento senza cadere”. Certo, un’alternativa c’era già: la cosiddetta “chicken line”, il percorso facilitato che si biforcava dalla pista Saltimbanco poco prima di quel salto. Era anche segnalato dai cartelli: a sinistra un divieto di sosta, a destra un avviso relativo al salto. Troppo poco, afferma il consulente: “Per un ciclista che scende da un sentiero impegnativo guardare due cartelli potrebbe essere già difficile, il cartello in ogni caso non dava informazioni tecniche”.
 
Tutti i membri della comitiva di Pastor sono stati sentiti nel corso delle varie udienze. Uno di loro si è soffermato su un particolare che prima dell’istruttoria non era emerso: c’era già stato un incidente analogo, per fortuna senza gravi conseguenze, di cui era stato vittima un pignasco. Era il genero di uno degli amici di Pastor: “Era stato lì qualche mese prima - ha raccontato il testimone - e aveva affrontato la Saltimbanco. Soa che era caduto e aveva lasciato la bici in mezzo alla rampa”. Questo, però, lo avrebbe scoperto solo dopo la tragedia.
 
Il protagonista dell’incidente sarà ascoltato, insieme ad altri testi, nella prossima udienza del 18 aprile.

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