VILLANOVA MONDOVÌ - Villanova Mondovì, entrò in casa della ex per rubarle le chiavi: condannato

Una vicina di casa aveva visto l’uomo rompere un vetro e introdursi nell’abitazione di lei, ispettrice di polizia. I rapporti tra i due si erano interrotti mesi prima

a.c. 19/04/2021 20:15

È stata la testimonianza di una vicina di casa a mettere nei guai P.A., un uomo di origini calabresi residente a Mondovì, accusato di essersi introdotto nell’abitazione della ex per rubarle due mazzi di chiavi.
 
L’episodio per cui è finito a processo risale all’ottobre di due anni fa, quando la relazione con la donna - un’ispettrice di polizia - si era conclusa da alcuni mesi. P.A. era stato visto introdursi nell’abitazione di lei, in una via del centro di Villanova Mondovì: “L’ho riconosciuto perché mi era stato presentato da lei e l’avevo visto più volte in precedenza” ha spiegato la testimone. Dal balcone di casa sua, ha aggiunto, aveva visto l’imputato divellere la rete metallica del giardinetto e avviarsi verso il magazzino collegato all’abitazione della sua vicina: “Sapendo dei rapporti non buoni tra i due l’ho avvisata per telefono. Nel frattempo ho sentito un vetro rompersi”.
 
I carabinieri di Villanova, intervenuti pochi minuti dopo, avevano constatato i danneggiamenti alla porta del magazzino e la presenza del suv bianco in uso a P.A. a poca distanza. La vittima del furto aveva denunciato la scomparsa di due mazzi di chiavi, quelle dell’abitazione e quelle della sua auto, che conservava in un punto nascosto dell’abitazione. Di fronte al giudice P.A. non ha negato di essersi recato nei paraggi quel giorno: “Ero lì perché stavo trattando l’acquisto di una casa a fianco. Sono rimasto dieci minuti, senza mai entrare nella proprietà. Le chiavi di casa della mia ex le avevo ancora perché siamo stati assieme per quattordici anni, le ho poi restituite ai carabinieri quando sono venuti a perquisirmi”. L’autrice della querela, costituitasi come parte civile contro l’ex, ha precisato che le chiavi rese da P.A. aprivano serrature vecchie che lei aveva già fatto sostituire, proprio perché intimorita.
 
Il pubblico ministero ha parlato di un rapporto “alquanto problematico” tra i due, che già nel 2014 aveva portato alle prime denunce. Per la parte civile “colpisce il quadro complessivo che vede l’imputato esercitare da anni una specie di inquietante forma di controllo sulla donna: lesioni personali, maltrattamenti, minacce, furti tentati o realizzati e danneggiamenti dell’auto”. All’opposto, la difesa ha sostenuto che anche quell’episodio rientrasse nel panorama singolare di una relazione costellata da allontanamenti e riavvicinamenti reciproci.
 
Accogliendo l’ipotesi accusatoria del furto aggravato, il giudice ha infine condannato l’imputato alla pena di due anni e otto mesi di reclusione e al risarcimento dei danni alla parte civile.

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