LAGNASCO - Caporalato nel Saluzzese, le voci dei braccianti: “Lavoravamo di giorno in un’azienda e di notte in un’altra”

Due famiglie di imprenditori a processo con il presunto caporale: “Si andava avanti anche per dieci o undici ore, ma non sono mai arrivato a mille euro al mese”

Andrea Cascioli 15/06/2021 18:54

 
C’era chi lavorava di giorno raccogliendo la frutta dalle otto di mattina fino al tardo pomeriggio, anche dieci o undici ore con la pausa pranzo in mezzo. Poi partiva per la nottata in un’altra azienda, un allevamento di pollame: “Momo ci diceva che non avremmo più lavorato nemmeno di giorno se ci fossimo rifiutati di andare a fare la raccolta dei polli. Non volevamo rischiare di rimanere a casa senza lavoro”.
 
A parlare è un trentenne ivoriano, testimone nel primo processo per caporalato di fronte a un tribunale della Granda. Alla sbarra c’è proprio “Momo”, il presunto caporale, al secolo Moumouni Tassembedo: il 33enne originario del Burkina Faso sarebbe stato il responsabile di tutte le assunzioni e i turni di lavoro presso due aziende del Saluzzese, quella frutticola guidata da Diego Gastaldi a Lagnasco e quella di pollame facente capo ad Andrea Depetris nel comune di Barge. La Procura ritiene che almeno 19 braccianti sarebbero stati impiegati con una paga oraria inferiore ai 5 euro: due di loro si sono costituiti parti civili.
 
L’ex stagionale ivoriano oggi ha un contratto a tempo indeterminato con la ditta Depetris. Prima di ottenerlo, però, aveva lavorato alcuni mesi nel corso del 2018 presso l’azienda di Gastaldi, grazie ai buoni uffici di Momo: “La paga era di cinque euro all’ora per un numero variabile di ore, potevano essere sette o otto ma anche dieci o undici in un giorno. Momo mi disse che mi avrebbe trattenuto 60 euro: pensavo li avrebbe chiesti solo una volta, invece li voleva ogni mese”. Le somme da versare al “soprastante” potevano variare, ha spiegato, ma tutti erano tenuti a versare qualcosa: “Gli incarichi venivano assegnati da lui, a volte dai Gastaldi. Una volta c’era stato un controllo dei carabinieri e Momo aveva detto a tutti di far finta di non capire l’italiano: io in realtà lo capivo un po’ e avrei voluto approfittarne per spiegare come stavano le cose”. Gli extracomunitari assunti venivano alloggiati in un cascinale, sei per stanza, con due sole docce funzionanti e le stufette elettriche come unico riscaldamento. Una soluzione che comunque poteva apparire preferibile alle alternative per chi arrivava nella migliore ipotesi dal dormitorio del Foro Boario di Saluzzo: “Non c’erano problemi sul lavoro. Il problema è che perdevo troppo rispetto a quanto guadagnavo: un signore della Cgil mi ha poi spiegato come funziona il lavoro in Italia”.
 
Il bracciante ha sostenuto di non essere mai arrivato a guadagnare mille euro in un mese, a prescindere da quanto lavorasse e da quel che riportava la busta paga: i soldi sarebbero stati pagati per la metà in contanti e per un’altra metà in assegno e in busta. A tenere il conto delle ore provvedevano i dipendenti stessi. Anche un altro ivoriano, classe 1980, ha parlato delle difficoltà a farsi valere con i datori di lavoro: “Non avevo la possibilità di parlare con i Gastaldi, solo con Momo. Quando provavo a chiarire qualcosa con i capi Momo mi minacciava, diceva ‘se vuoi parlare con loro ti lasceranno a casa’”. Il 41enne è stato uno degli stagionali “di lungo corso” nell’azienda di Lagnasco, dove è rimasto per quasi tre anni: “Una volta - ha riferito - sono stato punto da un insetto e avevo avuto una reazione. Mi è stato chiesto di non dichiarare che era successo a lavoro: i Gastaldi erano comunque stati informati da Momo. Quando sono tornato dal Pronto Soccorso avevo prurito e dolore”.
 
Anche a lui era stato proposto di alternare la raccolta della frutta con i turni all’allevamento di Barge, ma lo aveva fatto solo un paio di volte perché non riusciva a reggere il ritmo. A Lagnasco, ha affermato, gli capitava di raccogliere durante l’irrorazione delle sostanze chimiche nei frutteti: “Non ci avevano dato mascherine, io l’ho comprata con i miei soldi. A fine anno però ci regalarono dei panettoni”.

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