SALUZZO - Cinque figli in un container, condannata per abbandono una coppia italiana

I genitori, quarantenni del Saluzzese, vengono a loro volta da storie di degrado familiare. Nei confronti del padre pesava l’ulteriore accusa di maltrattamenti

a.c. 17/05/2023 16:55

Sono colpevoli di abbandono di minori, per il tribunale di Cuneo, i due genitori quarantenni allontanati dai cinque figli e finiti a processo dopo un’indagine avviata a loro carico nel 2019.
 
Il procedimento è nato da una segnalazione che l’ospedale Regina Margherita di Torino aveva fatto a seguito del ricovero di uno dei bambini, all’epoca di dieci anni. Una dottoressa, sul banco dei testimoni, ha ricordato: “Il bambino mi aveva colpita per la sua indole remissiva, camminava a testa bassa e aveva vestiti sporchi e maleodoranti. Lui stesso era in scadenti condizioni igieniche”. Il piccolo non aveva parlato di maltrattamenti, ma sembrava semmai preoccupato per la famiglia: “Diceva cose come ‘adesso chi cucinerà al posto mio?’, dal che è sembrato di capire che fosse lui a provvedere ai pasti in casa”. Consumando i pasti ospedalieri, si era scoperto, conservava perfino le gelatine e le pagnottine con la dichiarata intenzione di “portarle ai fratellini”.
 
È emerso che il nucleo familiare, da tempo in carico ai servizi sociali, viveva in un paese del Saluzzese all’interno di un container senza acqua corrente, dopo che un incendio aveva distrutto la loro cascina. I genitori, entrambi italiani, hanno alle spalle storie familiari difficili, caratterizzate da etilismo, violenza e allontanamenti. Una circostanza che si è tristemente ripetuta quando è stato deciso di allontanare anche i loro figli dall’abitazione. “I bambini - ha raccontato una delle assistenti sociali - non hanno mai riferito di essere picchiati, certo c’erano grossi problemi di incuria”. A rafforzare l’impressione di forte degrado e povertà educativa è stata la testimonianza della nonna materna. La donna aveva già interrotto i rapporti con la figlia e il genero all’epoca della denuncia, ma in precedenza era stata spesso da loro: “Forse ho sbagliato a non denunciarli. Mi sono fidata degli assistenti sociali che mi dicevano di star tranquilla, perché avrebbero pensato a tutto”. Quella casa nel container, sostiene, “non era tenuta in condizioni adatte per i bambini”, soprattutto dopo che i due avevano incominciato a rifiutare il suo aiuto nelle faccende domestiche: “Le discussioni tra noi sono iniziate perché non riuscivano a gestire i figli e la casa, non li ho comunque mai visti maltrattarli”. Alcuni episodi, tuttavia, l’avevano allarmata: “Un giorno avevano tutti segni neri ai polsi, mia figlia disse che giocavano a guardie e ladri legandosi tra loro. Uno dei miei nipoti, da me rimproverato, mi aveva detto piangendo che era stato suo padre a legarlo così. Un altro raccontava di essersi addormentato con i polsi legati e di non essere più riuscito ad alzarsi”.
 
Nei confronti del padre, accusato anche di maltrattamenti in famiglia, il tribunale ha emesso una sentenza di condanna a quattro anni e sei mesi. Per la madre un anno, quattro mesi e 20 giorni con il beneficio della sospensione condizionale, subordinato allo svolgimento di corsi formativi. Per entrambi i giudici hanno disposto la sospensione della potestà genitoriale, rispettivamente per la durata di nove anni per l’uomo e due anni e nove mesi per la donna. A loro carico anche il versamento di una provvisionale quantificata in duemila euro per ciascuno dei figli, più un ulteriore risarcimento danni demandato al giudice civile.
 
I ragazzi, di età compresa tra gli otto e i quindici anni, sono stati tutti allontanati dal nucleo familiare e ora vivono in comunità, dove i genitori possono incontrarli sotto la supervisione degli assistenti sociali.

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