PONTECHIANALE - Denunciato perché teneva in un recinto un cinghiale “domestico”. Ma non c’è reato

L’allevatore della val Varaita rischiava un minimo di 15mila euro di multa per aver tenuto con sé l’animale, salvato dalla strada quando era ancora un cucciolo

a.c. 24/11/2021 17:45

 
Capita a non pochi automobilisti in provincia di imbattersi in gruppi di cinghiali o altri animali selvatici in attraversamento, a volte perfino con esiti tragici per chi è alla guida. Al 65enne G.B., allevatore di Pontechianale, era successo un mattino di due anni fa sulla Provinciale della val Varaita: una mamma con la sua cucciolata gli si era messa di traverso e lui aveva fatto appena in tempo a sterzare. Non aveva però potuto evitare l’urto con uno dei cuccioli, un esemplare di circa otto mesi d’età.
 
Per non abbandonare il povero animale a una morte certa, l’uomo aveva deciso di alloggiarlo in un recinto nei pressi della sua abitazione. Appena rimesso in salute, lo avrebbe liberato senza ulteriori indugi. Peccato però che le cose siano andate diversamente da come prevedeva, per una serie di circostanze. Nel luglio dello stesso anno infatti era stato organizzato in paese un concerto con Fiorella Mannoia, nell’ambito della rassegna “Suoni dal Monviso”. All’allevatore la Pro Loco aveva chiesto l’uso di un suo terreno privato, da adibire a parcheggio. Lui non si era fatto problemi a concederlo, ma qualcuno doveva aver notato nel recinto l’insolito “animale domestico”, segnalandone la presenza alle guardie venatorie.
 
Da lì sono cominciati i guai: G.B. si è ritrovato indagato e poi rinviato a giudizio con un’accusa di violazione della legge che vieta di detenere animali pericolosi. A parte l’incomodo di un processo penale, rischiava una multa salatissima. Perché la norma del 1992 è pensata per stroncare il traffico di specie esotiche e prevede sanzioni tra i 15mila e i 300mila euro per i trasgressori. “La norma è particolarmente afflittiva, ma qui non si parla di una partita di pappagalli venduta per milioni di euro o di serpenti esotici” ha riconosciuto il pubblico ministero Alessandro Borgotallo. A causa di alcuni precedenti di poco conto dell’imputato, il pm era impossibilitato a lasciar cadere le accuse con la formula della cosiddetta “particolare tenuità del fatto”. “Occorre comunque ravvisare un minimo di coscienza e volontà di compiere il reato, che in questo caso non c’è” ha aggiunto il procuratore, chiedendo l’assoluzione per insufficienza di prove.
 
L’avvocato Luca Martino ha ricordato inoltre che per gli allevatori come G.B. esiste la possibilità di allevare a fini alimentari o d’affezione anche esemplari esotici: “Il suo unico errore è stato quello di non comunicare la cosa all’autorità provinciale per la caccia, un’omissione che tuttavia non è sanzionata” ha aggiunto.
 
Il giudice Anna Gilli ha quindi assolto l’ormai ex proprietario del cinghiale. Già, perché nel frattempo l’animale ha lasciato il suo recinto: non si sa se sia riuscito a “evadere” o se qualcuno l’abbia aiutato. Anche lui adesso potrà continuare la sua vita da libero abitante dei boschi, senza temere i meccanismi a volte contorti della giustizia degli uomini.

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