VILLAFALLETTO - Diffamò l’ex datore di lavoro su Facebook, condannato un autotrasportatore

Il 47enne fossanese aveva accusato un’azienda di Villafalletto di avergli chiesto di “truccare” il cronotachigrafo. Il giudice gli ha imposto una multa

a.c. 15/04/2022 16:00

Lo si sente dire sempre più spesso nelle aule di tribunale, anche se il monito tende a passare inascoltato nel gorgo dei social: “Internet non è una sorta di metaverso in cui non vige responsabilità penale”.
 
Stamani è toccato ribadirlo al pubblico ministero Raffaele Delpui, in un’aula del tribunale di Cuneo, per giustificare la richiesta di condanna a carico del fossanese R.M., classe 1974, accusato di diffamazione. La denuncia era arrivata due anni fa dai suoi ex datori di lavoro, titolari di un’azienda di autotrasporti a Villafalletto. Pietra dello scandalo un post su Facebook nel quale R.M. accusava la ditta non solo di averlo licenziato in maniera indebita, ma di avergli chiesto di manomettere gli autocarri per poter percorrere più chilometri: “Mi chiesero di attaccare la calamita e di sforare di venti minuti, tanto nessuno se ne sarebbe accorto” si leggeva sul post pubblico. L’espediente illecito è utilizzato a volte dai camionisti per alterare il cronotachigrafo di bordo e sfuggire a eventuali controlli di polizia. Si tratta, peraltro, di una violazione penale, della quale sono chiamati a rispondere - nel caso - gli imprenditori che non si facciano scrupolo di ricorrere a questo “trucco”, pur di far viaggiare i camion oltre l’orario consentito.
 
È stata questa accusa in particolare a indurre l’imprenditore prima ad intervenire nella discussione su Facebook, poi a presentare denuncia contro l’ex autista: “È un fatto di rilevanza penale e la circostanza è stata smentita da tutti i controlli che la Polizia Stradale ha effettuato sui nostri mezzi” ha spiegato. Quanto alla risoluzione del contratto, l’ex datore di lavoro ha sostenuto che sarebbe stato lo stesso R.M. a chiederla con una settimana di anticipo, dopo aver appreso che non sarebbe stato rinnovato. Menzionando il fatto che l’imputato avesse anche espresso apprezzamenti denigrativi verso i suoi “bersagli”, pur senza esplicitarne i nomi, il procuratore ha chiesto una condanna a 600 euro di multa: “Dispiace per questo signore che oltre a perdere il lavoro è stato querelato, ma avrebbe potuto far valere i propri diritti in sede giuslavoristica. Si poteva condonare il fatto che lamentasse con espressioni colorite un licenziamento ritenuto ingiusto, ma non gli insulti gratuiti”.
 
L’avvocato Paolo Botasso, difensore dell’imputato, ha obiettato che quella della ditta sarebbe stata una sorta di excusatio non petita: “Sono stati loro ad autoqualificarsi come destinatari del post, trascinandosi addosso l’attività di indagine da parte delle forze dell’ordine di cui si sono poi lamentati in aula”. Nella discussione principale, ha sottolineato il legale, “non si chiariva nemmeno se coloro che avevano danneggiato la posizione lavorativa di R.M. fossero autotrasportatori”.
 
Il giudice Marco Toscano ha ritenuto sussistente la diffamazione, condannando l’imputato a 516 euro di multa. Nessun risarcimento invece per l’azienda, non costituitasi contro l’ex dipendente nel processo.

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