SALUZZO - Due giornaliste Mediaset a processo per diffamazione dopo la denuncia dei genitori di una giovane suicida

Oggetto delle accuse un servizio di Studio Aperto sulla morte di una ragazza nel Saluzzese: di lei si parlò nelle inchieste sui satanisti che portarono all’arresto di Valter Giordano

a.c. 19/07/2019 21:33

 
“Io non sono stata solo contattata dai giornalisti: sono stata stalkerizzata. Hanno rovinato la mia vita”: a parlare è un’insegnante di religione dell’istituto Bertoni-Soleri di Saluzzo, ricostruendo una drammatica vicenda che sei anni fa scosse in maniera terribile la sua scuola e l’intera comunità locale.
 
Si tratta delle inchieste giornalistiche sulla scia di suicidi tra giovanissimi, alcuni dei quali ex allievi del liceo, a cui seguirà un’indagine giudiziaria culminata con l’arresto del professor Valter Giordano. Il docente ha patteggiato due anni di pena per aver intrattenuto relazioni sessuali con due allieve minorenni: dopo un periodo tra carcere e comunità di recupero e uno sconto per buona condotta, dal 2015 è in libertà.
 
Prima che le intercettazioni telefoniche portassero i Carabinieri a conoscenza di questo scandalo, tuttavia, altre voci inquietanti avevano attraversato per mesi la provincia. Si parlava di satanismo, di rituali occulti, di cinque suicidi tra il 2004 e il 2011 che in qualche modo sarebbero stati indotti dall’appartenenza alle sette. Ne scrisse per primo Il Fatto Quotidiano in un articolo del maggio 2013, a firma di Davide Milosa e Ferruccio Sansa, poi quella pista la seguirono in parecchi. Tra loro due giornaliste di Studio Aperto, Silvia Vada e Sabrina Lacchini, che realizzarono un servizio sul suicidio di una giovane di Bagnolo Piemonte, impiccatasi poco lontano da casa il 30 aprile 2011. Oggi le due reporter di Mediaset sono accusate di diffamazione dai genitori della ragazza, che contestano i riferimenti indiretti all’identità della figlia e i commenti nel servizio trasmesso da Italia 1.
 
La giovane bagnolese frequentava un istituto superiore di Saluzzo diverso da quello in cui insegnava Giordano, ma la professoressa di religione del Soleri la conosceva in maniera indiretta: “Era sorella di una mia allieva. Sapevo che si trattava di una ragazza sensibile e molto seguita dai genitori e dai compagni, che conoscendo i suoi problemi psicologici non la lasciavano mai sola: la sua era una classe molto unita”. Purtroppo la grave depressione di cui soffriva avrebbe reso vane queste attenzioni. Ma cosa, a parte la sua tragica sorte, l’avrebbe accomunata alle voci sui satanisti? Probabilmente la passione per la musica black metal, comune anche a un gruppetto di allievi di Giordano. Uno di questi, in particolare, preoccupava gli insegnanti: “Un ragazzo instabile, seguito da una psicoterapeuta, di cui i compagni avevano paura perché era capace di atti violenti. Nei corridoi della scuola diceva a tutti di appartenere a una chiesa satanica”.
 
Sarebbero stati lui e i suoi amici a chiedere alla professoressa di religione di affrontare in classe certi temi, e lei l’aveva fatto senza preclusioni: “Sono una consacrata della diocesi di Saluzzo dal 1999 e ho dedicato la mia vita ai ragazzi, specializzandomi anche come sessuologa. Ho studiato le sette nei corsi universitari di teologia” spiega oggi la docente. Tanto sarebbe bastato, però, a farla finire nel tritacarne dopo l’esposto presentato da due genitori e l’articolo del Fatto: “Sui giornali - racconta - si parlava di me come di ‘una strana insegnante’ che affidava agli alunni ricerche sul sesso e il satanismo”.
 
Solo più tardi sarebbero arrivate le indagini, quelle vere, portando alla luce la torbida trama di sesso e ricatti tessuta dal collega Giordano, che in pubblico appariva come un dotto cultore di Dante, un maestro irreprensibile e amato da tutti. La verità giudiziaria scritta sul suo conto resta ad oggi l’unica certezza, al di là della ridda di bisbigli e sospetti sui rituali suicidi e gli adepti di Satana. “Credo che non si debbano dire menzogne solo per fare uno scoop” conclude l’insegnante di religione, che dopo le accuse rivoltele è stata anche in cura: “C’era stato perfino chi aveva detto che i genitori della ragazza suicida non si occupassero abbastanza di lei, cosa assolutamente non vera”.
 
La denuncia presentata dai coniugi contro Il Fatto Quotidiano si è conclusa con l’archiviazione disposta dal gip di Roma nel 2015. Per la decisione del tribunale di Cuneo sul servizio tv bisognerà ancora attendere: la prossima udienza, nella quale verrà chiusa l’istruttoria a meno di un accordo tra le parti, è fissata al 20 settembre.

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