SALUZZO - ‘Duecento africani mi stanno picchiando’: ma lo denunciano per procurato allarme

Il 35enne si trovava presso l’ex Cogibit di Saluzzo, occupata dai braccianti. Secondo i carabinieri, sarebbe stato lui a provocarli e inventare un’aggressione

a.c. 14/02/2020 19:44

 
La pattuglia dei carabinieri era accorsa, la sera del 24 luglio 2018, dopo la chiamata di un uomo che sosteneva di essere stato aggredito da una folla inferocita: “Duecento africani mi stanno picchiando, venite”.
 
Sul posto in effetti c’erano diverse decine di immigrati, occupanti abusivi dello stabile ex Cogibit di via Lattanzi a Saluzzo. C’era anche il presunto autore della chiamata, il 35enne italiano G.D.C.: il pestaggio, però, sarebbe stato tutto opera della sua fantasia. Questo almeno è ciò che sostengono i militari intervenuti, i quali hanno denunciato l’uomo per il reato di procurato allarme oltre che per essersi sottratto all’identificazione e per resistenza a pubblico ufficiale.
 
Stamani nel palazzo di giustizia di Cuneo tutti i testimoni hanno risposto alle domande del pubblico ministero Anna Maria Clemente e dell’avvocato Antonio Vetrone. A cominciare dal brigadiere Giovanni Zedda che fu il primo a sopraggiungere insieme a un collega: “Appena imboccata via Lattanzi abbiamo incrociato un ragazzo di colore che sapevamo essere amico di G.D.C.: ci ha detto che entrambi erano stati picchiati dagli immigrati dell’ex Cogibit. Lui però non aveva segni di colluttazione e appariva tranquillo”.
 
Nelle vicinanze del capannone avevano trovato una cinquantina di africani in strada. Insieme a loro una guardia giurata della All System e lo stesso G.D.C.: “Era arrabbiato con noi per non aver evitato il pestaggio. Tuttavia non aveva né segni di percosse né vestiti strappati o indizi di aggressione e non ci disse dove e in quale modo sarebbe stato picchiato”. Poco dopo, vista la confusione, i carabinieri avevano intimato agli occupanti dell’ex Cogibit di rientrare: “Volevamo evitare la rissa. Gli immigrati si sono subito allontanati, abbiamo chiesto di identificarsi solo a uno di loro, che faceva da interprete, e a G.D.C.”. Quest’ultimo però si sarebbe rifiutato di mostrare i documenti, rispondendo “ti sto dicendo che duecento africani mi hanno picchiato e chiedi i documenti a me?” e minacciando di “fargliela pagare”.
 
Dai successivi accertamenti è emerso che l’uomo quella sera si trovava in compagnia di due amici, il 36enne di origini brasiliane che i carabinieri avevano incontrato prima di arrivare sul posto e un 32enne italiano. Entrambi sostengono di essere stati rincorsi e aggrediti da alcuni occupanti perché avevano scattato fotografie che sarebbero dovute servire ai residenti per denunciare il degrado della zona. Le loro testimonianze tuttavia sono discordanti, giacché l’italiano afferma che il brasiliano si fosse già allontanato prima dell’aggressione, mentre quest’ultimo riferisce di essere stato colpito più volte e minacciato con un coltello: “Ho scattato io la foto poiché me l’aveva chiesto tempo prima un conoscente di Forza Italia. Gli africani si sono arrabbiati e hanno dato del razzista anche a me, che sono di colore, gridandomi ‘amico di Salvini’. Alcuni hanno scavalcato la recinzione e ci hanno rincorso”.
 
L’imputato e il suo amico brasiliano avrebbero già avuto precedenti attriti con i braccianti della frutta che solo due settimane prima avevano occupato il fabbricato in disuso, poi sgombrato dalle forze dell’ordine nel dicembre successivo. In un’altra occasione infatti i carabinieri erano stati chiamati dagli occupanti dell’edificio i quali sostenevano che G.D.C. e l’altro uomo si fossero arrampicati sulle recinzioni per scattare fotografie e urlare insulti razzisti. La stessa versione dei fatti è stata raccontata quella sera a un vigilante che si trovava a passare in auto da via Lattanzi: “Si sono messi in mezzo alla strada e mi hanno chiesto di allertare le forze dell’ordine perché due persone li stavano fotografando e insultando. Erano agitati ma non aggressivi. Poco dopo mi si è avvicinato G.D.C. dicendomi ‘stammi vicino perché mi vogliono ammazzare’ e io sono rimasto fino all’arrivo dei carabinieri”.
 
Il 35enne non risulta coinvolto in attività politiche. A suo carico c’è una condanna per truffa e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che risale al 2016. In quell’occasione, G.D.C. era stato sanzionato per aver ottenuto 3mila euro da un immigrato con la falsa promessa di regolarizzarne la posizione in Italia. Il saluzzese si era difeso affermando di essere stato vittima di menzogne riguardanti il fratello gemello, deceduto in tragiche circostanze nel 2011.
 
Il prossimo 12 maggio toccherà a lui salire sul banco dei testimoni.

Notizie interessanti:

Vedi altro