FOSSANO - Farmaci sulfamidici nei maiali, condannati due allevatori di Fossano

I due fratelli dovevano rispondere di frode in commercio, falso e violazione della normativa sulla sicurezza degli animali. Le irregolarità erano emerse dopo un controllo

a.c. 30/01/2020 16:10

 
Quattro mesi di condanna e una sanzione di mille euro per ciascuno: è questa la pena inflitta dal giudice Massimo Scarabello ai fratelli C.R. e P.R., titolari di un allevamento suinicolo a Fossano, giudicati colpevoli dei reati di frode in commercio, falso e violazione della normativa sulla sicurezza degli animali.
 
I due allevatori erano stati denunciati nell’ottobre 2018 in seguito a un controllo veterinario effettuato in un macello di Villafalletto. Dagli esami era emerso che uno dei ‘lattonzoli’ (i suinetti da latte) consegnato dall’azienda agricola fossanese presentava nel muscolo un quantitativo di farmaci sulfamidici molto superiore alla soglia consentita. Per legge il limite massimo è di 100 nanogrammi per chilo, mentre nel suinetto controllato ne erano stati riscontrati 212 per chilo.
 
“Il sulfamidico è un farmaco preventivo che nell’uomo può causare resistenza ai farmaci. Si può considerare un antibiotico” ha spiegato nel corso del processo il veterinario dell’Asl che accertò la violazione. Il documento di accompagnamento dell’animale macellato (‘modello 4’) attestava che in effetti il lattonzolo era stato trattato con un sulfamidico, ma che i tempi di sospensione prima della macellazione erano stati rispettati. Se così fosse stato, però, l’ispettore non avrebbe più dovuto trovare traccia del farmaco nelle carni: per questo ai titolari dell’allevamento era stata contestata anche l’accusa di falso.
 
Avvalendosi di un consulente tecnico, la difesa ha sollevato dubbi sul campionamento e sulla redazione del documento ispettivo, nonché sull’effettiva attribuibilità di quel capo all’allevamento fossanese: quel giorno infatti erano stati portati a macellare anche alcuni suini provenienti da un’altra azienda. Per l’avvocato Marco Camisassi, difensore dei due imputati, un’altra spiegazione plausibile è che l’animale avesse consumato mangime medicato per una fatalità: “La medicina mescolata nel pastone può finire in qualche porzione del mangime piuttosto che in altre, perché gli antibiotici sulfamidici sono volatili”.
 
A carico di C.R. e P.R. la Procura aveva chiesto invece la condanna a sei mesi per ciascuno e 15mila euro di ammenda.

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