BARGE - Finto carabiniere “pizzicato” su un’auto rubata: il giudice lo condanna

Il 40enne carmagnolese era accusato di essersi presentato come militare dell’Arma presso un’abitazione di Barge, insieme a due complici. Pochi giorni dopo l’arresto

a.c. 30/03/2023 18:55

Non gli è bastato ammettere il furto di un’auto per evitare una seconda condanna, arrivata questa volta per usurpazione di funzioni pubbliche e possesso di distintivi contraffatti. Il carmagnolese Antonio Arone, pregiudicato, classe 1982, è stato riconosciuto colpevole al termine del processo celebrato stamani a Cuneo.
 
Era accusato di far parte del terzetto di finti carabinieri che nel 2016, presso un’abitazione di Barge, si erano qualificati come appartenenti alla stazione di Pinerolo. Il giovane che aveva aperto la porta, all’epoca 22enne, li aveva visti arrivare su una 500 bianca: indossavano però le pettorine dell’Arma e due di loro avevano cappellini con la scritta “carabinieri”. Uno degli impostori, più tardi riconosciuto dal denunciante nella persona di Arone, aveva mostrato un tesserino con foto e una visura camerale dell’azienda di famiglia: “Dicevano di aver bisogno di informazioni sulla contabilità, per verificare eventuali evasioni. Ne parlavano però in maniera molto vaga, sembrava più che altro che cercassero una scusa per entrare in casa”.
 
Il bargese ha riferito in tribunale di aver sentito i tre rivolgersi fra loro con terminologie proprie dei carabinieri: “Il più alto veniva chiamato ‘maresciallo’. Quello più basso che poi ho riconosciuto era anche armato, ma non so se avesse una pistola vera”. Forse allarmati dalle risposte del giovane, i presunti appartenenti alle forze dell’ordine avevano alla fine desistito dal proposito di entrare in casa. Al ragazzo avevano detto che sarebbero tornati all’indomani, ma lui, non vedendoli arrivare, si era infine risolto ad avvisare i (veri) carabinieri della stazione di Bagnolo.
 
A una settimana di distanza Arone sarebbe stato intercettato a Revello, in un bar, da una pattuglia di militari che lo avevano invitato a seguirli in caserma con la sua auto. Lui aveva acconsentito, ma poco prima di arrivare a destinazione aveva fatto inversione e si era dato alla fuga. La ragione? Era su una macchina rubata, come ha poi riconosciuto lui stesso: “All’epoca ero senza auto, alcuni mesi prima avevo rubato una 500 Abarth e l’avevo abbandonata in una via di Carmagnola. Quella mattina avevo cambiato le targhe in modo che non risultasse. Con me avevo solo una copia del libretto”. Pur ammettendo il furto, l’accusato, riconosciuto in foto dal 22enne, nega di aver fatto parte del terzetto di finti carabinieri: “Non ho mai visto quel ragazzo, non so dove abiti e nemmeno dove lavori”.
 
Durante la requisitoria, il pubblico ministero Raffaele Delpui ha evidenziato che nell’abitazione del sospettato era stata rinvenuta anche una pistola. In merito alla presenza dei contrassegni falsi, il pm ha ricordato che “tutte le sentenze condannano anche il ‘falso grossolano’: il fatto che avesse con sé un tesserino e un cappello da carabiniere non impone un vaglio ulteriore”. Per l’imputato è stata chiesta quindi la condanna a tre anni e sei mesi. Il difensore, domandando l’assoluzione, si è soffermato su una serie di incertezze nel riconoscimento dell’accusato: “Si sono unite due vicende parallele che non si intersecano. Non ci sono riscontri oggettivi: le telecamere non erano funzionanti e anche nelle vie limitrofe non sono state rinvenute riprese che potessero dare un riscontro sui soggetti”.
 
Il giudice Giovanni Mocci ha ritenuto provati entrambi i capi d’accusa, condannando il carmagnolese alla pena di un anno e sei mesi di reclusione.

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