PIASCO - Lo pestano in gruppo perché aveva detto “fate troppo rumore”. Condannati due ventenni

Il 45enne ispettore della Polstrada, residente a Piasco, aveva rimproverato i ragazzi. Il “branco”, formato anche da minorenni, lo ha aggredito con calci e pugni

a.c. 05/11/2021 17:40

 
La sua colpa, se così si può dire, era di aver rimproverato alcuni giovani attardatisi sotto casa sua, dopo la festa di carnevale a Piasco nel febbraio dello scorso anno. Al capannello di ragazzi aveva domandato soltanto di spostarsi “perché stavano facendo rumore e disturbavano anche il riposo di anziani e bambini”.
 
Tanto è bastato, però, a scatenare l’ira del “branco”: un 45enne ispettore della Polizia Stradale di Saluzzo, protagonista della disavventura, ha pagato il suo intervento con la frattura del setto nasale e 21 giorni di prognosi. L’uomo attribuisce ai postumi di quell’assurda aggressione anche la rottura del legamento crociato che ha patito pochi giorni dopo: “Sono tornato a lavorare solo ad agosto, dopo cinque mesi e mezzo”.
 
La vittima del pestaggio ha chiarito di non essersi qualificato come membro delle forze dell’ordine quando era sceso da casa sua, in pigiama, per raggiungere il porticato condominiale. Aveva però minacciato di chiamare i carabinieri se gli schiamazzi non fossero cessati. Per tutta risposta, uno dei componenti del gruppo - formato da sei o sette ragazzi - si era avvicinato con fare poco amichevole: “Quando sembrava che stessero per tornare verso la piazza - ha raccontato in tribunale il poliziotto - un altro ragazzo del gruppo mi ha sferrato un pugno alla tempia, lasciandomi stordito”. Dopo le successive indagini questo aggressore verrà riconosciuto nella persona di Z.S., cittadino marocchino residente a Saluzzo.
 
L’altro accusato di lesioni è E.E., albanese di Verzuolo, insieme ad alcuni componenti del “branco” che non avendo ancora compiuto i 18 anni all’epoca dei fatti sono stati deferiti presso il tribunale per i minorenni. La dinamica dell’aggressione è stata descritta dalla parte offesa, il quale ha detto di essere stato raggiunto dal primo colpo mentre già si accingeva a chiamare il 112: “A quel punto mi sono saltati addosso con pugni e calci: io mi sono rannicchiato a terra nel tentativo di limitare i danni”. Nessuno, sul momento, era intervenuto per fermare quel pestaggio, tuttavia un paio di ragazze erano sedute a poca distanza e la loro testimonianza è servita in seguito a ricostruire l’accaduto e individuare i responsabili.
 
Nel chiedere la condanna per entrambi gli imputati, riconosciuti sia dalla vittima che dalle testimoni, il pubblico ministero Raffaele Delpui ha parlato di “una pulsione antisociale nei confronti delle regole e delle forze dell’ordine”, ricordando come la reazione violenta fosse scaturita proprio dalla decisione di avvisare il 112: “Chiama pure quei carabinieri di m… tanto non vengono, devono morire tutti” avrebbe replicato uno degli accusati. Per E.E., classe 1998, il procuratore ha chiesto la condanna più pesante (due anni e due mesi) alla luce dei tre precedenti penali e della recidiva specifica da cui il giovane era già gravato. Diciotto mesi la pena proposta per il coimputato Z.S., identificato come l’iniziatore delle violenze. L’avvocato di parte civile, Chiaffredo Peirone, ha definito l’accaduto “un’aggressione da parte di un branco violento e spietato”, stigmatizzando il fatto che gli imputati “non si sono mai sentiti in dovere di scusarsi né di offrire un risarcimento anche minimo, nonostante fossero fin da subito a conoscenza della gravità e della brutalità dell’episodio per il quale si sono avvalsi anche della collaborazione di minorenni”.
 
Entrambe le difese, pur riconoscendo la validità delle accuse, hanno avanzato dubbi circa l’identificazione dei presunti responsabili. Per l’avvocato Luca Martino, difensore di E.E., l’albanese si sarebbe limitato ad allontanare il fratello che è oggi imputato presso il tribunale dei minorenni. Per il collega Paolo Botasso “non è dimostrato con certezza nemmeno che Z.S. fosse a Piasco quella sera, si è dato per scontato che dovesse essere lui il ‘nordafricano’ individuato sulla scena”.
 
Il giudice Elisabetta Meinardi ha ritenuto responsabili entrambi gli imputati, condannandoli a un anno di carcere ciascuno e al risarcimento dei danni in sede civile, con una provvisionale di 20mila euro. Per il solo Z.S. è stata disposta la sospensione condizionale della pena.

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