SALUZZO - Perseguitava l’operatrice Caritas che lo aveva aiutato con i documenti: il giudice lo condanna

Davanti alla sede di Saluzzo Migrante, nel periodo dei fatti, anche volantini con insulti ed escrementi. Il responsabile è un africano che polemizzava con gli uffici

Andrea Cascioli 27/11/2025 19:25

Il risentimento per una tessera sanitaria smarrita, la sfuriata con tanto di lettera strappata in mille pezzi e poi mesi di persecuzioni: “Chiamate whatsapp, messaggi minatori, altre telefonate all’utenza lavorativa, anche ben oltre l’applicazione della misura cautelare e fino ad agosto 2024”. La sintesi del sostituto procuratore Carla Longo ripercorre le difficoltà affrontate, circa un anno fa, da un’operatrice di Saluzzo Migrante e più in generale da tutti i dipendenti del centro Caritas preposto all’assistenza degli immigrati. Un servizio apprezzato da molti degli stagionali della frutta, soprattutto africani, che ogni estate si recano nella capitale del Marchesato in cerca di un’occupazione: “Il sistema Saluzzo - ha ricordato il pm - è noto nella sua assoluta efficienza nella gestione dei servizi agli immigrati, come sono altresì noti gli abusi sulla manodopera”. La magistrata, che rappresentò l’accusa nel primo processo sul caporalato nella Granda, menziona anche il fatto che “la Procura di Cuneo è stata segnalata come la più efficiente in tutta Italia nella gestione del caporalato”. Ben diversa era la vicenda di fronte a cui ci si è trovati in questo caso: S.K., uno degli africani che avevano fruito dei servizi offerti dalla Caritas, a un certo punto ha aperto una spirale di ripicche e vendette che l’hanno portato alla denuncia per stalking. La vittima designata era, appunto, un’operatrice con cui l’uomo aveva già avuto a che fare in passato. Era stata lei a spiegargli che, a causa di un disguido, la sua tessera era stata recapitata presso un altro ufficio e che avrebbe comunque potuto ritirarla un paio di giorni dopo: lui aveva reagito molto male. Il giudice Graziana Cota ha sanzionato lo stalking e la violazione reiterata della misura cautelare - l’originario divieto di avvicinamento era stato aggravato con gli arresti domiciliari - con la pena di un anno e due mesi di carcere. Al condannato, incensurato, è concessa la sospensione e la non menzione sul casellario. “Gli atteggiamenti di sfida e i continui passaggi presso il centro sono documentati anche dai colleghi di lavoro” ha osservato il pm, menzionando il fatto che, a fronte di scenate e minacce, l’intera organizzazione nel presidio era stata rivoluzionata, così da fare in modo che l’operatrice non restasse mai da sola. Si era arrivati all’installazione di finte telecamere e di un bottone di emergenza sotto la sua scrivania. Sul preciso movente di quegli atteggiamenti in realtà sussistono vari interrogativi. Alcuni testimoni hanno parlato di altre questioni, legate al mancato rinnovo di un contratto di lavoro: “I motivi dell’accanimento sembrano apparentemente incomprensibili: sicuramente lui si trovava in condizione di profonda difficoltà” riconosce l’accusa. Altrettanto certo, però, è che quelle difficoltà si siano tramutate in un astio inspiegabile proprio nei confronti di chi cercava di aiutarlo. Per settimane si erano susseguiti anche gesti vandalici nei confronti dei volantini affissi sulla bacheca di Saluzzo Migrante: di fronte all’ingresso, in più occasioni, erano stati ritrovati escrementi. “Era l’unico utente che recava problemi e i volantini riportavano insulti analoghi a quelli ricevuti dalla persona offesa sul suo telefono” evidenzia il pm. “Non abbiamo mai negato i fatti ma il disturbo arrecato” obietta l’avvocato Stefano Morel: “Non era un disturbo alla persona ma all’impiegata della Caritas, il motivo è che è andato perso il suo tesserino sanitario e c’era il rischio che l’uomo risultasse presente presso altre strutture”.