SALUZZO - Saluzzo, accuse di violenza contro l’ex moglie: assolto un pregiudicato

La donna lo aveva sposato mentre era in carcere e sosteneva di essere stata maltrattata e minacciata. Lui ha negato: ‘Mi ricattava perché volevo lasciarla’

a.c. 08/10/2020 20:15

 
Era stato in carcere per violenza sessuale, poi si era rifatto una vita trovando un impiego in un prestigioso ristorante del centro di Saluzzo. Insieme alla donna che lo aveva sposato mentre era ancora detenuto, madre di due figlie avute da un precedente matrimonio, aveva creduto anche di poter costruire una famiglia. Ma le cose non avevano funzionato: “Quando ci siamo conosciuti avevo vent’anni e lei trentadue, vedevo il mondo in un altro modo” ha riferito A.N. al giudice.
 
Perché quella relazione è finita nel peggiore dei modi a febbraio dello scorso anno, con una denuncia per maltrattamenti e lesioni aggravate presentata dalla ex moglie. Ai carabinieri aveva raccontato di essere stata percossa più volte, anche davanti alle figlie, e fatta oggetto di pesanti minacce: “Ti faccio violentare da qualcun altro, ti brucerò la macchina” le avrebbe detto fra l’altro l’imputato, che dal canto suo ha respinto sia questa che altre accuse. “È vero che a casa si discuteva, c’erano litigi ed entrambi alzavamo la voce: spesso era lei ad aggredirmi verbalmente” ha spiegato l’uomo, aggiungendo che i contrasti erano dovuti perlopiù alla gelosia di lei e al suo rifiuto di contribuire al bilancio di casa: “La spronavo a trovare un lavoro stabile, a sacrificarsi di più per la famiglia. Dovevamo vivere in quattro con il mio stipendio”.
 
In seguito era stato proprio lui a decidere di troncare, lasciando l’abitazione comune: “Penso abbia architettato tutto perché non voleva che ci separassimo. Mi ricattava dicendo che non mi avrebbero rinnovato il permesso di soggiorno, - ha aggiunto A.N., di nazionalità albanese - ma ero regolare in Italia già prima che ci conoscessimo”. L’episodio più grave contestato dall’accusa risale al novembre 2018, quando i due non erano più conviventi ma continuavano a frequentarsi: secondo la denuncia l’uomo avrebbe fatto irruzione in casa da ubriaco, pretendendo di leggere le conversazioni sul cellulare di lei e prendendola a schiaffi in faccia. Ben diversa la versione dell’accusato: “Non ero ubriaco ed ero stato invitato a cena. Lei stessa mi ha mostrato il cellulare, ero preoccupato per alcuni messaggi del suo ex marito. Ne è nata una discussione culminata in un contatto fisico, ma non ho alzato le mani”.
 
Sulle presunte minacce è giunta una smentita anche da parte di una collega dell’imputato, chiamata a testimoniare: “Non ho mai assistito a minacce e non me ne sono state rivolte. A.N. voleva soltanto rifarsi una vita e non aveva più sentimenti per l’ex moglie, ma lei non lo accettava e chiedeva informazioni su di lui di continuo”. In seguito la donna aveva accettato un risarcimento, ritirando la denuncia.
 
Al termine dell’istruttoria, il sostituto procuratore Carla Longo si è detta comunque convinta che la ricostruzione iniziale della persona offesa fosse attendibile: “Le lesioni refertate, un labbro tumefatto ed ecchimosi ai polsi, non possono dipendere da urti occasionali. È chiara l’ambivalenza dei rapporti tra i due, come il fatto che la signora fosse interessata a mantenere la relazione, ma le minacce sono credibili visti i trascorsi dell’imputato”. Per lui l’accusa ha chiesto la condanna a due anni e tre mesi di carcere. La difesa, rappresentata dall’avvocato Alessandra Piano, ha puntato il dito sulla “scarsa credibilità” della donna, smentita anche da una testimone: “Il problema è della persona offesa, che era ossessionata da lui al punto da cercarlo perfino sul lavoro, nonostante l’uomo avesse cercato di trovare una soluzione a questa vicenda dopo la fine della relazione”.
 
Il giudice Sandro Cavallo ha infine assolto A.N. per entrambi i capi d’imputazione.

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