BAGNOLO PIEMONTE - Si vanta di aver beffato i carabinieri, ma finisce a processo: il giudice lo condanna

Il bagnolese doveva pagare una multa da quasi 600 euro. In caserma presentò un bollettino alterato, ma la “soffiata” di un compaesano lo ha inguaiato tre anni dopo

a.c. 10/05/2022 19:20

È nata da una classica “voce di paese” l’indagine a carico di A.F., pinerolese residente a Bagnolo Piemonte, finito a processo e condannato stamani per falso materiale.
 
L’uomo era accusato di aver esibito una ricevuta di pagamento falsificata, per ottenere dai carabinieri di Saluzzo il dissequestro di un’auto intestata alla sua società. Avrebbe dovuto pagare 594 euro di multa perché il veicolo, una Bmw, era stato trovato privo di copertura assicurativa durante un controllo eseguito nel 2017. Il proprietario si era presentato in caserma mostrando la ricevuta fiscale per il pagamento delle spese di recupero, il certificato di assicurazione stipulato e il bollettino con l’accredito della somma indicata a verbale. Verificata la sussistenza della copertura assicurativa, il luogotenente Giancarlo Usai aveva provveduto alla restituzione del veicolo in sequestro.
 
Nel novembre del 2020, però, era arrivata una segnalazione dal comandante della stazione dell’Arma di Bagnolo, il maresciallo capo Emilio Di Marco. È stato lui stesso a riferire di aver saputo che “A.F. si vantava di aver ottenuto il dissequestro dell’auto con un bollettino falso, da lui realizzato”. La fonte è un conoscente del carabiniere: qualcuno che, presumibilmente orecchiando qualche confidenza di troppo, aveva scoperto e segnalato alle autorità il possibile inganno. “Ho verificato che il bollettino riportava il numero di un verbale relativo a un altro sequestro, sempre effettuato in zona e relativo a un veicolo intestato alla società facente capo ad A.F.” ha spiegato il luogotenente Usai. Il sequestro in quel caso aveva riguardato una Citroen C3 ed era stato eseguito solo un mese prima. Dopo la denuncia, era stata eseguita una perquisizione alla ricerca della ricevuta originale: “A distanza di tre anni non siamo riusciti a trovare la ricevuta in possesso di A.F., noi ne avevamo solo una fotocopia. Non è stato possibile verificare se il documento fosse stato alterato con un programma di photoshop, quel che è certo è che il verbale non è mai stato pagato”.
 
Il pubblico ministero Gianluigi Datta, all’esito dell’istruttoria, ha chiesto la condanna a un anno di reclusione e 400 euro di multa per l’imputato. L’avvocato Francesca Massimino, per la difesa, ha invece domandato l’assoluzione rimarcando la mancata acquisizione della ricevuta originale.
 
Il verdetto del giudice Elisabetta Meinardi ha sancito la colpevolezza dell’uomo, condannato a otto mesi di reclusione con pena sospesa e al pagamento di 300 euro di multa. Da sborsare per davvero, questa volta.

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