SCARNAFIGI - Tirocinante 19enne morì sul lavoro, assolta l’azienda che aveva fornito il muletto

Michael Giordano, residente a Monasterolo di Savigliano con la compagna e un bimbo di due anni, lavorava da tre mesi per un gommista di Scarnafigi

in foto: Michael Giordano, la vittima dell'incidente mortale

a.c. 24/02/2022 19:38

Non avrebbe dovuto guidare il carrello elevatore che per una tragica fatalità si rovesciò in curva, schiacciandolo. Non avrebbe dovuto guidarlo lì dove si trovava in quel momento, perché per legge quei “muletti” non possono circolare su strada.
 
Oggi in tribunale però non si discuteva di tutto questo. Il giudice Giovanni Mocci era chiamato invece ad esprimersi sull’eventuale responsabilità dell’azienda che fornì il carrello elevatore condotto in quel 16 giugno 2017 da Michael Giordano, tirocinante di appena diciannove anni. Giordano lavorava da tre mesi soltanto presso il gommista Nasto di Scarnafigi, tra via Circonvallazione e strada Grangia. Viveva a Monasterolo di Savigliano con la compagna Cassandra e il bimbo avuto da lei due anni prima. Un papà giovanissimo, la cui esistenza è stata spezzata per una sbandata sul piazzale del suo luogo di lavoro, divenuto la sua tomba.
 
Per quella vicenda il titolare D.N., 33enne all’epoca, ha patteggiato una condanna e risarcito la famiglia della vittima. Gravi le irregolarità rilevate, a cominciare dal fatto che Giordano non avesse il patentino di guida per il muletto e che lo stesso macchinario non avrebbe dovuto essere spostato. Si trattava infatti di un carrello che un’azienda di Gambasca aveva fornito in visione gratuita alla Nasto, di modo che il gommista potesse decidere se acquistarlo o noleggiarlo in seguito. Tuttavia, l’operaio quel giorno si trovava alla guida del mezzo che in teoria sarebbe dovuto rimanere fermo. La circostanza ha indotto la Procura di Cuneo a contestare l’omicidio colposo anche ai fornitori del carrello elevatore, G.B. con la moglie L.C., sua socia di minoranza nell’impresa. “Mi occupo di persona delle prove sui mezzi, nel caso della Nasto non eravamo ancora riusciti a organizzarla” ha spiegato l’imputato: “Un mio dipendente ha consegnato le chiavi in ufficio di modo che il gommista potesse rimuoverlo se fosse stato necessario alla sicurezza, ma l’accordo era che il mezzo non si sarebbe potuto utilizzare essendo in visione”.
 
Sentito come testimone, il titolare di Giordano ha spiegato di non ricordare se G.B. o un suo incaricato avessero specificato questo divieto: “Ho dato per scontato che potessi utilizzarlo”, la sua risposta. Per il sostituto procuratore Attilio Offman la vera colpa di G.B. sarebbe stata quella di non aver verificato che qualcuno, nell’azienda di Scarnafigi, avesse un patentino per i carrelli: “Non ce l’aveva nessun dipendente della Nasto Pneumatici, nemmeno il titolare. Se il fornitore avesse richiesto questo adempimento, avrebbe scoperto che l’eventuale noleggio non poteva avere luogo e di conseguenza la tragedia non si sarebbe verificata”.
 
Un ragionamento consequenziale, secondo il pubblico ministero, avvalorato a suo dire da una consapevolezza circa l’effettivo utilizzo del macchinario: “Il carrello è rimasto in azienda da marzo fino a giugno, quando è avvenuto l’incidente. Quindi ben oltre gli otto giorni previsti dal contratto”. Per G.B. l’accusa aveva chiesto dunque una condanna a nove mesi di reclusione, domandando invece l’assoluzione per L.C., la moglie, la quale si era occupata solo degli aspetti contabili. L’impianto accusatorio è stato contestato in toto dall’avvocato Stefania Martino, legale dei due imputati. La difesa ha menzionato il fatto che il limite di otto giorni fosse “non perentorio” e ha stigmatizzato l’atteggiamento del datore di lavoro della vittima: “Aveva tutti gli interessi a scaricare le colpe, ma è emerso che Giordano utilizzava anche l’altro carrello già presente nella sua ditta. Non si può quindi affermare che, se il muletto in visione non fosse stato lì, l’incidente non sarebbe successo”.
 
Il giudice ha ritenuto fondate le argomentazioni difensive, assolvendo con formula piena entrambi gli accusati.

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