SALUZZO - Vivevano in un container con cinque bambini, ora sono accusati di abbandono di minore

Una giovane coppia italiana del Saluzzese deve rispondere anche di maltrattamenti. I figli sono stati affidati ai servizi sociali dopo una segnalazione dell’ospedale

a.c. 27/01/2022 16:21

Parte da una segnalazione dei medici dell’ospedale Regina Margherita di Torino il processo a carico di due giovani genitori del Saluzzese, accusati di abbandono di minore e maltrattamenti. La coppia, formata da marito e moglie poco più che quarantenni, ha avuto cinque figli oggi di età compresa tra gli otto e i quindici anni.
 
Nel gennaio 2019 uno di loro - che all’epoca aveva dieci anni - era stato ricoverato per una ferita prima al Pronto soccorso di Savigliano e poi nel nosocomio pediatrico torinese. La lacerazione al braccio l’aveva attribuita al lancio di una lama, mentre stava giocando con il fratello gemello. A preoccupare i medici, però, non era la ferita ma piuttosto la trascuratezza del bambino: vestiti sporchi e maleodoranti, incrostazioni di sangue tra i capelli e vari segni di vecchie lesioni addosso. “Disse che stava bene solo con le sue caprette” ha ricordato una dottoressa, menzionando quella che sembrava una curiosa inversione di ruoli tra lui e i genitori: “Diceva cose come ‘adesso chi cucinerà al posto mio?’, dal che è sembrato di capire che fosse lui a provvedere ai pasti in casa”. Consumando i pasti ospedalieri, si era scoperto, conservava perfino le gelatine e le pagnottine con la dichiarata intenzione di “portarle ai fratellini”.
 
La famiglia da cui proviene è seguita dai servizi sociali fin dal 2009. Entrambi i genitori hanno alle spalle storie familiari difficili, caratterizzate da etilismo, violenza e allontanamenti. Una circostanza che si è tristemente ripetuta quando è stato deciso di allontanare anche i loro figli dall’abitazione. È emerso che i due genitori e i cinque bambini e adolescenti avevano vissuto nei primi anni in un cascinale, poi distrutto da un incendio. In seguito si erano trasferiti in un container, senza acqua corrente, sebbene gli fossero state offerte diverse soluzioni abitative: “I bambini - ha raccontato una delle assistenti sociali - non hanno mai riferito di essere picchiati, certo c’erano grossi problemi di incuria”.
 
A rafforzare l’impressione di forte degrado e povertà educativa è stata la testimonianza della nonna materna, sentita nell’ultima udienza. La donna ha interrotto i rapporti con la figlia e il genero poco dopo la nascita dei due gemelli, ma in precedenza era stata spesso da loro: “Forse ho sbagliato a non denunciarli. Mi sono fidata degli assistenti sociali che mi dicevano di star tranquilla, perché avrebbero pensato a tutto”. Quella casa nel container, sostiene, “non era tenuta in condizioni adatte per i bambini”, soprattutto dopo che i due avevano incominciato a rifiutare il suo aiuto nelle faccende domestiche: “Le discussioni tra noi sono iniziate perché non riuscivano a gestire i figli e la casa, non li ho comunque mai visti maltrattarli”. Alcuni episodi raccontati dai bambini, tuttavia, l’avevano allarmata: “Un giorno avevano tutti segni neri ai polsi, mia figlia disse che giocavano a guardie e ladri legandosi tra loro. Uno dei miei nipoti, da me rimproverato, mi aveva detto piangendo che era stato suo padre a legarlo così. Un altro raccontava di essersi addormentato con i polsi legati e di non essere più riuscito ad alzarsi”.
 
Riguardo ai rapporti dei due imputati con i figli ha testimoniato anche un’educatrice: “Agli incontri protetti in comunità i bambini arrivavano contenti di vedere i genitori, anzi speranzosi, ma poi si irrigidivano. C’era sempre qualcosa per cui il papà iniziava a urlare e loro si chiudevano in se stessi”. La coppia avrebbe inoltre mantenuto nei confronti degli assistenti sociali un atteggiamento di costante ostilità: “Più volte abbiamo avuto l’impressione che entrambi avessero bevuto prima di recarsi agli incontri. Il papà incitava spesso i figli a ‘bruciare le scuole’, lo diceva anche riferendosi alle comunità. Prendeva in simpatia solo chi tra noi gli parlava in piemontese, ma per poco tempo, poi ricominciava a ingiuriarci o minacciarci. Però non appariva arrabbiato con nessuno in particolare, solo con il sistema perché gli avevano portato via i figli”.
 
Il prossimo 23 marzo verranno ascoltati alcuni insegnanti di scuola dei bambini.

Notizie interessanti:

Vedi altro