SAVIGLIANO - Frecce contro la casa di una giovane allevatrice, condannato l’arciere-stalker

La denuncia era arrivata dopo una serie di molestie e imbrattamenti. Colpiti anche i muri dell’alpeggio, dove la donna portava le mandrie al pascolo d’estate

Andrea Cascioli 17/01/2024 16:40

L’ultimo atto della persecuzione, denunciata da una giovane allevatrice saviglianese, è stato l’imbrattamento sistematico dei muri della sua abitazione. Ma anche di quelli della stalla, del garage, perfino delle altre strutture che la famiglia aveva in gestione, compreso un alpeggio in valle Stura, a oltre 60 chilometri da casa.
 
Dopo l’installazione delle telecamere si è scoperto che a colpire con le sue “bombe” di vernice rossa, più o meno ogni due settimane, era un misterioso arciere. L’uomo imbracciava arco e faretra e si piazzava a una certa distanza dagli obiettivi, munito di frecce a cui aveva rimosso la punta, in modo da applicarvi un palloncino pieno di vernice. Dalle riprese video la donna ha creduto di riconoscere un vicino di casa. L’uomo era stato denunciato pochi mesi prima, nell’aprile 2021, perché si era presentato durante un pranzo di famiglia battendo contro la porta e urlando. Una scena già vista innumerevoli volte, hanno spiegato sia la giovane che suo padre, entrambi costituitisi parti civili: “Stava davanti a casa nostra per ore intere, incurante del fatto che stessimo lavorando o che ci fossero clienti. Succedeva anche alle due o alle tre di notte”.
 
Il motivo di quell’autentica ossessione sarebbe l’infatuazione che il vicino aveva maturato nei confronti di lei, fin da quando era appena adolescente e lui già adulto. Per sfuggire a quel rapporto morboso la famiglia era arrivata a vendere il cavallo che l’uomo aveva regalato alla ragazzina. Lei aveva poi cambiato numero di telefono, allo scopo di interrompere il flusso di insulti che continuavano ad arrivare sia a lei che al padre. Tutto questo succedeva intorno al 2009, ma la faccenda era lungi dall’essere conclusa. Ancora dopo la denuncia, la famiglia aveva subito gli imbrattamenti per circa due mesi. In totale ben otto azioni vandaliche di questo tipo, senza contare altri “dispetti”: “Ho smesso di andare a cavallo da sola nei boschi, - ha raccontato l’autrice della denuncia - perché non mi sentivo sicura. Più volte mi sono trovata chiusa da lui nelle strade del paese, con l’auto o il calesse”.
 
La svolta nelle indagini è arrivata dopo una perquisizione a casa del sospettato, dove i carabinieri avevano rinvenuto un arco, alcune frecce senza punta e un composto granuloso di colore rosso: “Ha detto lui stesso di essere un bravo arciere” ha ricordato il pubblico ministero Anna Maria Clemente, chiedendo la condanna dell’imputato a tre anni e un mese di carcere. “Le minacce nei messaggi - ha aggiunto - erano rivolte non solo alla ragazza ma anche al padre, che lui riteneva responsabile del suo allontanamento dalla figlia”. “Tu mi hai messo sotto il naso tua figlia” avrebbe detto tra l’altro al padre, come ricordato dall’avvocato Ezio Francia, difensore delle parti civili: “Attenzioni sicuramente non consone verso una ragazzina, con un’escalation di vent’anni durante i quali, in un modo o nell’altro, l’ha perseguitata”. Nei messaggi menzionati le frasi con cui l’accusato si rivolgeva a lei dicendole “con me sei stata un mostro, mi hai lasciato troppo male, altre persone ti avrebbero ammazzato”, e anche “non aspettatevi nulla di buono”.
 
Gli avvocati Cristiana Sorasio e Giovanna Supertino, legali dell’imputato, hanno rimarcato la natura “indiziaria” del processo e contestato le modalità delle indagini, ritenute approssimative: “La circostanza oggettiva è che qualcuno abbia imbrattato la casa, ma non ci sono prove su chi sia stato”. I sospetti sull’identità dell’arciere, basati sulla camminata e sulla capigliatura dell’uomo, sarebbero frutto di suggestioni: “Impossibile riconoscere una camminata in quelle immagini”. I carabinieri, rimarca la difesa, non avevano condotto accertamenti specifici sulle frecce e sul colorante rinvenuti in casa del sospettato, per verificare se si trattasse degli stessi utilizzati dal molestatore. Dopo la misura cautelare nei suoi confronti, poi, erano avvenuti ancora due episodi di imbrattamento, su cui non si sono trovati riscontri.
 
Il giudice Sandro Cavallo, ritenuta provata la responsabilità dell’imputato, lo ha condannato a due anni e sei mesi di reclusione per stalking e imbrattamento. Ci sono inoltre un’ammenda di cento euro per detenzione di polvere da sparo e una provvisionale, fissata in 20mila euro per la vittima dello stalking e in altri 5mila per suo padre. L’ulteriore risarcimento andrà quantificato davanti al giudice civile.

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