CAVALLERLEONE - Le trovano in casa una cassa di birra rubata, finisce in tribunale

La disavventura di una donna residente a Cavallerleone si è conclusa con l’assoluzione: “Quelle bottiglie me le diede un vicino per una grigliata, non le ho mai toccate”

a.c. 13/05/2022 17:20

Finire a processo per una cassa di Ceres rubate (da qualcun altro, secondo il giudice). È toccato a una donna di Cavallerleone, G.C., accusata di furto in concorso con un vicino di casa.
 
Un “colpo” da quattromila euro, messo a segno nell’aprile 2020 nel magazzino di un ristorante del paese: si trattava perlopiù, appunto, di bottiglie e lattine di alcolici e bevande in genere. L’uomo, L.S., ha spiegato in un diverso procedimento di aver trovato la merce “in un campo” e di averla portata a casa senza sospettarne la provenienza illecita. Dopo la denuncia ha optato per la messa alla prova, mentre la coindagata ha scelto di andare al dibattimento per dimostrare la propria estraneità.
 
Tutto nasce da un intervento del 118, a seguito del quale la compagna di L.S. era stata ricoverata in ospedale. In casa della coppia i carabinieri di Cavallermaggiore avevano rinvenuto un ingente quantitativo di alcolici e superalcolici, riconosciuti dal proprietario del ristorante e individuati con certezza in base a marche e numeri di serie. L’esercente affermava di aver subito un furto in magazzino proprio in quei giorni, sebbene la merce trovata in camera da letto e in altre stanze fosse solo una parte di quella asportata. Oltre alla denuncia a carico di L.S. - imputato e assolto, in un diverso processo, anche per tentata violazione di domicilio - era scattata quella a carico della vicina di casa. A instradare gli inquirenti era stata la figlia della compagna di L.S.: “Lei in quel momento si trovava in Sardegna, ma affermava di aver saputo dalla madre che L.S. e G.C. erano entrati assieme nel magazzino del ristorante” ha raccontato l’allora comandante della caserma di Cavallermaggiore.
 
In casa della vicina erano stati sequestrati - oltre alle Ceres - alcune Moretti e una confezione di Estathé. Tutti acquistati in maniera regolare, ha obiettato l’imputata: “All’epoca gestivo un bar. Vista la chiusura a causa della pandemia, mi sono portata a casa un po’ di bibite: la cassa di Ceres? Quella era di L.S., l’aveva lasciata in casa mia perché avevamo concordato di organizzare una grigliata condominiale”. Vista l’impossibilità di festeggiare Pasquetta a causa del Covid-19, ha spiegato la donna, i condomini avrebbero allestito una brace in cortile utilizzandola a turno: “L.S. si doveva occupare delle bevande. Siccome non le abbiamo aperte e non avevo posto in frigo, le Ceres sono rimaste lì, ancora confezionate”.
 
La versione difensiva non ha convinto del tutto il pubblico ministero Alessandro Borgotallo, che aveva chiesto infatti una condanna a otto mesi di reclusione e 500 euro di multa. “I carabinieri ci hanno detto che l’imputata non ha saputo giustificare la presenza delle bottiglie in casa sua” ha osservato il procuratore: “Sarebbe bastato portare le fatture in caserma, anche nei giorni successivi alla perquisizione: se le aveva, perché non le ha mostrate subito?”. Per l’avvocato Ezio Francia, difensore dell’imputata, “è inverosimile che a G.C. venisse in mente di andare a rubare con una persona che a stento conosceva, per rifornire il suo bar in quel momento chiuso a causa del lockdown”.
 
Anche il giudice Marco Toscano ha ritenuto valide queste argomentazioni, assolvendo G.C. per non aver commesso il fatto.

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