SAVIGLIANO - Rubarono gioielli da 300mila euro: a processo il presunto complice della banda Notarbartolo

Antonio Defeudis è accusato di aver preso parte al colpo di Savigliano insieme all’autore del “furto del secolo”, l’uomo che rubò 100 milioni al World Diamond Center

Andrea Cascioli 18/05/2021 13:00

 
Ha chiesto una condanna a cinque anni e tre mesi il sostituto procuratore Carla Longo al termine del processo di primo grado contro Antonio Defeudis, ritenuto un complice nel colpo da 300mila euro realizzato nel 2016 a Savigliano ai danni di un rappresentante di gioielli.
 
Per la Procura di Cuneo Defeudis è il misterioso “quarto uomo” che avrebbe preso parte al furto organizzato da Leonardo Notarbartolo, l’Arsenio Lupin torinese di origini palermitane. Nel 2003 Notarbartolo è stato artefice di uno dei furti più arditi degli ultimi decenni nei caveau del World Diamond Center di Anversa, in Belgio: il bottino da oltre 100 milioni di euro non venne mai ritrovato. Del quartetto criminale ribattezzato “la scuola di Torino” solo il capo, tradito da uno scontrino, fu poi arrestato. Dopo aver scontato sei anni di carcere Notarbartolo, ormai 64enne, era tornato in Italia e aveva messo in piedi un’altra operazione criminale assieme ai fratelli Stefano e Donato Aliano di 63 e 61 anni.
 
Attraverso l’uso di un rilevatore Gps applicato alle auto delle vittime, il gruppo criminale aveva messo a segno due furti di pietre preziose per un valore complessivo di circa 600mila euro. Il primo a essere colpito, nel gennaio di quell’anno, era stato un agente di commercio vicentino, di passaggio nella Granda. Si era fermato a mangiare a Savigliano e una volta uscito dal ristorante non aveva più ritrovato la sua auto. Nel baule c’erano un campionario di merce del valore di circa 300mila euro, assegni di pagamento per 6 o 7mila euro e un revolver Smith & Wesson.
 
Stessa scena si era ripetuta un mese dopo davanti al Casinò di Sanremo: obiettivo la Mercedes di un agente di commercio con 11 kg di oreficeria a bordo, stipati in due casseforti. Il terzo colpo, il 1 marzo successivo, era andato a monte solo per caso: la vittima designata, un orefice fiorentino di Pontassieve, si era accorto del rilevatore satellitare che sporgeva dal paraurti della sua macchina e aveva anche fotografato un’auto sconosciuta notata più volte sotto casa sua. Ad inguaiare i ladri ha contribuito in modo decisivo la testimonianza di un operaio che lavorava presso un cantiere a Pianfei e che, insospettitosi dai frequenti passaggi di un’automobile nella zona, ne aveva segnato la targa. In base a questa traccia gli inquirenti avrebbero potuto acquisire le immagini delle telecamere che immortalavano Notarbartolo e i suoi complici nei pressi di un agriturismo della zona, dove soggiornava l’uomo che sarebbe stato derubato a Savigliano.
 
Dopo l’arresto sia Notarbartolo che i suoi complici hanno ammesso le proprie responsabilità e patteggiato. Il 56enne Defeudis, pluripregiudicato per reati contro il patrimonio, è il solo ad aver scelto il rito ordinario. In aula il capo della “banda dei satellitari” ha affermato di non conoscerlo personalmente e di non sapere nemmeno se il “quarto uomo” di cui gli aveva parlato Stefano Aliano esistesse davvero.
 
Per il pubblico ministero, tuttavia, una prova decisiva viene dalle intercettazioni a carico dei due fratelli Aliano, in particolare di Donato: “In più conversazioni Aliano e Defeudis, chiamato Toni, fanno riferimento ad affari loschi e resoconti di spostamenti, con contatti telefonici pressoché continui”. C’è anche un riscontro almeno parziale dalle telecamere, aggiunge Longo: “Se l’accertamento fisiognomico sui filmati forniti dal comune di Savigliano non fornisce una risposta univoca, in base ai dati antropometrici si è arrivati all’individuazione pressoché certa di Defeudis”. Per l’avvocato difensore Cinzia Nardelli rileva piuttosto il fatto che nelle telefonate non ci sia nessun riferimento diretto ai fatti di Savigliano e di Sanremo e che parlando con Notarbartolo Stefano Aliano dia mostra di non avere nemmeno il numero di telefono di “Toni”: “Se si sono accordati per commettere furti ci doveva pur essere una conoscenza tra di essi, un contatto telefonico e un’organizzazione dei ruoli”. Sia il giorno del furto di Savigliano che in quello di Sanremo il cellulare di Defeudis aggancia solo celle di Torino e nemmeno le riprese, aggiunge l’avvocato, forniscono un’identificazione certa: “Altro dato di assoluta rilevanza riguarda le macchine: sono state utilizzate quelle degli Aliano a Savigliano, addirittura quella della moglie di Notarbartolo a Sanremo, nessuna invece riconducibile a Defeudis”.
 
Tra due giorni, giovedì 20 maggio, si attendono le controrepliche delle parti e la sentenza.

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