ALBA - "Quando gli alieni rapivano le mucche": avvistata nel libro di Fabrizio Tavernelli anche la provincia cuneese

Uno sguardo su una provincia allucinata, distopica e in declino. In copertina un'opera de "La Tela", progetto dell'artista albese Luca Giordana

Fabrizio Tavernelli. Fotografia: Nicola Montanari
Luca Giordana. Fotografia: Christian Grappiolo

Francesca Barbero 16/09/2023 14:10

"Il mio primo quartier generale di organizzazione di difesa dagli alieni (S.H.A.D.O.) era situato in una fredda cameretta al secondo piano di un caseificio dove abitavo e dove lavoravano i miei genitori. Il caseificio era piantato in una desolata campagna nella frazione di Marzano. Ci ho costruito una “narrazione” come si dice oggi, bastava aggiungere una “i” e l’avamposto terrestre si tramutava in Marziano. Ecco io abitavo a Marziano e questo legittimava l’intenso traffico extraterrestre e una attrattiva per visite, apparizioni, sbarchi e rotte galattiche (...)". Inizia così "Quando gli alieni rapivano le mucche" (Oligo Editore), il nuovo libro di Fabrizio Tavernelli, scrittore, cantautore e produttore musicale emiliano attivo nella scena underground dagli anni '80, con alle spalle collaborazioni con CCCP e CSI (nei '90 con gli AFA, nati dalle ceneri dei En Manque D’Autre, incide per Sugar, Dischi del Mulo e Consorzio Produttori Indipendenti). Il libro è un viaggio visionario in una provincia distopica, in un paesaggio di pianura padana e di noia, costellato di costruzioni postmoderne; un viaggio da fermi in cui si fondono note autobiografiche, immaginari della cultura pop e underground, rimandi fantascientifici e avvistamenti ufologici; un cammino di un io narrante che vaga dentro una provincia allucinata e in declino. Nel libro è racchiusa anche un po' di provincia cuneese, e non solo per quelle affinità percettive, interpretative e interiori che accomunano gli artisti che vivono la dimensione provinciale. La copertina, infatti, raffigura un'opera del progetto “La Tela” dell'artista albese Luca Giordana, ultimo tassello di un percorso di collaborazione concretizzatosi durante la pandemia quando Fabrizio ha risposto alla chiamata alle arti con la quale Luca ha coinvolto più di cento artisti per "tessere una grande tela collettiva”, invitandoli a fotografarsi con un suo disegno di un ragno sul volto, e elaborando poi successivamente le fotografie con un intervento pittorico e digitale, dando vita a nuove mutazioni di una creatura archetipa e ambigua confluite in due video pubblicati su You Tube. Abbiamo fatto una chiacchierata con Fabrizio e Luca per saperne di più del libro e della loro collaborazione, per parlare di provincia e della sua influenza sugli artisti che la abitano, della scena musicale anni '80 e '90...
 
"Quando gli alieni rapivano le mucche" è  uno sguardo allucinato su una Provincia in declino. Un viaggio visionario in uno spazio distopico fatto di costruzioni postmoderne, consorzi agrari, caseifici, rustici in rovina e figure aliene, in uno spazio di pianura e di noia. Cosa ti ha spinto a partire?
Fabrizio: “Chi nasce e vive in provincia è portato ai viaggi mentali, al nomadismo psichico, alla visionarietà. Deve per forza immaginare un altrove. All'inizio è la fantasia infantile a creare mondi paralleli, poi attraverso nuove esperienze, nuove ispirazioni, attraverso la scoperta di nuovi linguaggi, il quotidiano viene filtrato, traslato, distorto. Il surrealismo, la psichedelia, il dadaismo, l'art-brut, la fantascienza. Sono tutti strumenti per intraprendere percorsi sconosciuti che in verità sono sempre viaggi interiori”.
 
Tu e Luca arrivate entrambi dalla provincia. Nel libro ci sono gli anni in cui hai vissuto nella frazione di Marzano (a cui, come scrivi nell'incipit, bastava aggiungere la lettera “i” per viaggiare in un mondo parallelo, stando fermi)  e San Lodovico (il mitico luogo dell'Emilia dove i CCCP  registrarono, a Villa Pirondini, "Epica, Etica, Etnica, Pathos"), gli anni che, invece, Luca ha trascorso nel cuneese. Dandone una definizione interiore, che cos'è la provincia?
Fabrizio: “É un luogo che porta alla dilatazione del pensiero, all'espansione della coscienza, allo sconfinamento. Almeno fino a quando lo sconfinare è possibile, perché poi l'urbanizzazione, lo sviluppismo, il consumo del territorio giungono a stravolgere. Zone industriali, hub di logistica, ipermercati, assi di scorrimento, ogni millimetro quadrato iperconnesso, è quello che succede in tutto il pianeta dove ormai ogni angolo più remoto e selvaggio è svelato e mercificato. Soltanto che la provincia è un osservatorio antropologico, uno studio di etologia, dove gli umani invasi dal marketing, dai brand, dagli algoritmi, dalle intelligenze artificiali, hanno reazioni bizzarre, sopra le righe, forse con ancora qualche reazione, qualche resistenza”.
Luca: “La provincia è irrequietezza, è un'ambivalenza: da una parte c'è la voglia di andarsene come diceva Pavese ('Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via') dall'altra la voglia di restare in un'atmosfera dove ciò' che accade, accade solo qui. La provincia è un'appartenenza, forse è lenta ma proprio per questo motivo è magica e misteriosa. Per me, le Langhe sono la terra dove da bambino trascorrevo il tempo con i nonni, sono i luoghi delle masche, sono la buona cucina, il vino ...sono il posto dove ho scelto di vivere”.
 
In copertina c'è un lavoro di Luca tratto dal progetto "La Tela". Come è nata la vostra collaborazione?
Luca: “La nostra collaborazione è nata durante la pandemia, stavo cercando di coinvolgere più artisti possibile in questa grande 'tela', anche digitale dato il momento e le conseguenti chiusure. Di Fabrizio stimo molto l'intelligenza e l'ironia che abitano la sua musica, così pensai di invitarlo, successivamente gli ho chiesto di musicare un video per un altro progetto che riguardava il gipeto, 'Ti fracasso le ossa', e anche in quel caso accettò. Collaborai nuovamente con lui in un brano di Lgprogetto per il quale ha suonato e curato gli arrangiamenti, il brano si intitolava 'Nanou' ed è di Natacha Payet e Dimitri Reverchon”.
Fabrizio: “Direi passo dopo passo. Per passate vicende musicali ci si conosceva, tra gli anni ottanta e novanta ho girato parecchio con le mie band. Poi però ci siamo conosciuti e incontrati, seppur virtualmente, sui social che nella loro controversia, hanno l'aspetto positivo di mettere in circolo, di costruire collaborazioni a distanza. Abbiamo cominciato a scambiarci materiali, opere figurative, files, brani musicali, suggestioni. In particolare è stato durante la pandemia che si sono concretizzati alcuni progetti di Luca in cui sono stato coinvolto. Un brano musicale denominato 'Nanou' tra ambient, soundscapes e songs, un altro è stato un contributo sonoro per un suo video. Nel pieno della distopia pandemica, Luca mi ha coinvolto nel progetto 'La Tela', la foto che ha rielaborato mi è piaciuta parecchio e così, quando ho pensato a una immagine di copertina si è materializzata quella foto. Mi fa pensare a qualcosa di mutante, qualcosa di esogeno, una forma aliena gelatinosa che copre il mio volto, un po' come nel film Alien, allo stesso tempo c'è qualcosa di sfuggente, impalpabile, è una trasfigurazione inquietante che mi porta alle visioni di Francis Bacon”.
 
Luca, mi racconti di questa tua operazione artistica del 2020 che ha per protagonista il ragno, una creatura ambivalente, suggestionante attrazione e repulsione, a cui hanno preso parte più di 100 artisti "tessendo la loro tela"?
Luca:“Si tratta di una serie di video, disegni, sovrapitture, testi e musiche. E' una metafora degli artisti che tessono la loro 'tela'. E' stata una chiamata alle arti, ho cercato con il mio progetto di creare una grande 'tela', ho conosciuto nuovi artisti, ritrovato vecchi amici e abbiamo fatto un lavoro collettivo”.
 
Fabrizio, perché hai voluto in copertina uno dei ritratti -e non uno qualsiasi- che è parte di quel progetto?
Fabrizio: “Perché mi piace trovare connessioni, alchimie, ibridazioni con altri artisti e questo va oltre l'aspetto prettamente musicale. Video, grafica, artwork, estetiche, le elaborazioni e l'utilizzo di altri linguaggi devono come nella mia musica, nelle mie canzoni, nei miei testi, prendere in considerazione l'avventura, la sperimentazione, la curiosità,la profondità. Elementi che ho riconosciuto nel lavoro di Luca”.
 
Siete entrambi musicisti  ed entrambi avete militato in band underground. Fabrizio negli Acid Folk Alleanza, band prodotta prima dalla Dischi del Mulo e poi dal Consorzio Produttori Indipendenti, l'etichetta discografica fondata da Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni e Gianni Maroccolo, che ha prodotto gruppi alternativi come Ustmamò, Ulan Bator, Yo Yo Mundi, Marlene Kuntz e tanti altri. Gli AFA nascevano dalle ceneri del gruppo En Manque D’Autre, attivo negli anni '80, gli stessi anni in cui Luca suonava nei cuneesi Decadenza. Per un musicista, cosa significava -e cosa ha significato- vivere nel contesto provinciale in quel periodo? Cosa accomuna il vostro bagaglio?
Fabrizio: “Essendo io un ragazzo di provincia assai curioso, con la coscienza di essere laterale ai grandi centri urbani in cui scoppiavano fenomeni, mode, tendenze, ho sempre cercato di non essere provinciale, emulativo, di maniera. Nel senso che il mio apprendimento culturale è certamente fatto di avanguardie, sperimentazioni, influssi provenienti dall'estero ma il mio punto fermo è stato sempre quello di rielaborare, rileggere le avanguardie attraverso un filtro locale. Una conoscenza di strumenti culturali-artistici che mi permettesse di scovare altri piani di realtà nel mio quotidiano. In questo senso la distanza e il decentramento mi ha portato a osservare, analizzare e quindi applicare in modo personale tutto quello che assorbivo e metabolizzavo”.
Luca: “Suonare in quegli anni è stato un innegabile vantaggio, la scena musicale era bella, rigogliosa, in fermento, la musica italiana aveva una nuova vita e per noi ragazzi è stato tutto emozionante, una rivoluzione, un modo per essere con gli amici, la band, protagonisti di qualcosa che stava accadendo. Poi le cose sono cambiate e l'arte per me ha iniziato a prendere una forma diversa, un altro canale espressivo, magicamente è arrivata la pittura. Volevo aggiungere che la parola musicista è adatta per Fabrizio, per quanto mi riguarda ho sempre giocato con la musica, posseggo degli strumenti musicali ma non mi ritengo un musicista, senza dubbio la musica ha sempre avuto a che vedere con il mio lavoro, ne ho ascoltata e ne ascolto tuttora molta e grazie al cielo ho molti amici musicisti”.
 
Partirà un tour di presentazione del libro, dove porterai in giro per l'Italia un reading con performance musicale, unendo le tue anime di scrittore e musicista. Spero di vederti nel cuneese.
Fabrizio: “Alcune presentazioni sono già state fissate e ci sono buone possibilità di capitare in zona Cuneo. Relativamente a spazi, situazioni e proposte, potranno essere reading in solo con inserti musicali, classiche dissertazioni o magari veri e propri live con tanto di gruppo. Da qualche parte e in qualche modo mi farò avvistare!”.
 
Il progetto “La Tela” è visibile nei due video “La tela” e “La Tela- Ragno di Vetro Nero”, pubblicati su You Tube. “Ti fracasso le ossa” è visibile QUI. “Nanou” è visibile QUI.
 

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