CUNEO - Aspettando Sanrito: Librae

Undici piccole interviste alla scoperta dei concorrenti che saliranno sul palco del "Piccolo Festival di Grandi Canzoni" all'Auditorium Foro Boario il 9 e il 10 febbraio

Francesca Barbero 28/01/2024 07:51

Il 9 e il 10 febbraio, torna “Sanrito -Piccolo Festival di Grandi Canzoni”, quest'anno giunto alla nona edizione. Nell'attesa di ascoltare dal vivo i loro brani, abbiamo fatto qualche domanda agli undici concorrenti che si esibiranno, accompagnati dalla Good Night Orchestra, sul palco dell'Auditorium Foro Boario. Oggi è il turno di Librae (Torino), all'anagrafe Elena Bassotto, in gara con "Come con me".
 
Chi è Librae? Come definiresti la tua musica? 
“Non saprei dire chi è Elena. Se lo sapessi, probabilmente non sarei così bisognosa di fare arte e musica nella vita. So che sono costantemente alla ricerca di significati e di poesia, e che aspiro ad un’ esistenza il più possibile creativa. Negli ultimi anni ho esplorato svariati canali artistici ed espressivi, giocando e sperimentando molto con essi. La mia musica è una ricerca di forme per i sentimenti più difficili e più urgenti da comunicare; è un insieme di domande aperte con le quali affrontare il presente. Canto da più di 15 anni come interprete; sono cresciuta ascoltando e cantando soul, r&b, gospel, blues. Fin da ragazzina la musica di Donny Hathaway, Nina Simone, Stevie Wonder, mi sconvolgeva perché la sentivo forte come una propulsione dentro di me. Scoprire di avere una voce ha saputo curare tante ferite. Fare l’interprete ha iniziato a starmi un po’ stretto e così, qualche anno fa ho iniziato a scrivere. Oggi mi ispiro a gruppi e artisti come Bon Iver, Big Thief, Hiatus Kaiyote, Djion, Pinegrove, al cantautorato di Fabi. Il mio progetto non esiste ancora all’infuori della mia stanza; si nasconde un po’ da sempre. A volte l’ho protetto, altre l’ho costretto per il terrore di mostrarmi troppo vulnerabile. Ho deciso di chiamarlo Librae nel 2020 e da allora questo nome accompagna il mio percorso di crescita personale e artistica. Sanrito è il primo passo che muovo timida ma leggera verso il mondo esterno come cantautrice. Quindi è un passo importante”.
“Come con me” è il titolo della canzone in gara. Quali tematiche affronta?
“'Come con me' è nata durante un periodo faticoso. L’anno scorso per motivi di salute mi sono ritrovata a vivere molto tempo chiusa in casa con la testa pesante. Com'è stare con noi stessi quando ci sentiamo impotenti dentro ad un dolore sfaccettato, che ci isola un po’ dal resto del mondo? E’ una condizione comune a tutti ma poco rappresentata socialmente, che crea un senso di solitudine e di esclusione molto forti. Abbiamo paura di sentire che siamo limitati, difettosi, deboli perché costantemente ci vengono rimandate immagini di successo e performatività sulle quali rischiamo di identificarci per poi scoprirci ancora una volta non conformi. In questo modo ad una sofferenza interiore (come ad esempio quella per una malattia) si somma la sofferenza per il senso di esilio e di solitudine, e per la sensazione di non riuscire a stare al passo con gli altri. Il pezzo è dedicato a mia madre che mi è stata tanto vicino e mi ha sopportata in quel periodo difficile, ricordandomi di respirare per non andare in apnea. Scrivere questa canzone è stata un’operazione di recupero, parte del percorso verso la guarigione”.
Perché hai deciso di partecipare a Sanrito? E’ la tua prima volta al festival?
“Ho deciso di partecipare a Sanrito per mettermi in gioco e per dare finalmente il permesso alla mia musica di uscire fuori dalla mia stanza. Questo evento rappresenta una partenza; una bellissima occasione arrivata nel momento giusto. È la prima volta per me a questo festival”.
Il fil rouge dell’edizione di quest’anno è il sogno. La musica è sogno?
“La musica è la cosa più immateriale che conosco. Per quanto la possa approfondire e studiare e praticare, ci sarà sempre una dimensione di mistero che la riguarda, e alimenta il mio amore per lei. In questo senso essa coinvolge tutte le dimensioni dell’interiorità, e tra queste certamente anche quella del sogno. L’esperienza musicale ha radici 'energetiche', cioè affondate nel bisogno di uscire fuori da sé, nel bisogno umano e primordiale di sperimentare stati di coscienza alterati. Credo possa essere un mezzo per sondare ambientazioni oniriche, per arrivare dove il linguaggio verbale non arriva, per curare e includere le diversità”.
Salutiamoci con il ricordo del sogno che hai fatto ieri notte, un tuo sogno nel cassetto oppure uno già realizzato.
“Una notte ho sognato che bevevo l’acqua dalle piscine di un parco acquatico rovesciandomi addosso intere vasche. Avevo svuotato anche le piscine dei bambini risucchiandole con la cannuccia ma senza riuscire a dissetarmi. Al risveglio mi sono resa conto che avevo sete per la pizza della sera prima. Un sogno nel cassetto è quello di riuscire a diventare musicoterapeuta per lavorare con la disabilità”.

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