CUNEO - Chi era Joachim Peiper?

Da assistente di Himmler a boia di Boves. Ottant'anni dopo, la storia dell’ufficiale nazista ricorda i labili confini tra umanità e disumanità

Da sinistra Dietrich, Himmler e Peiper a Metz nel 1940 (fonte: Archivio federale tedesco)

Federico Mellano 19/09/2023 07:21

Il 14 luglio 1976, nel piccolo paesino francese di Traves in Alta Saona, un traduttore, che lavorava sotto lo pseudonimo di Rainer Buschmann, morì nell’incendio doloso della propria abitazione. Le autorità - con non poche perplessità - identificarono il cadavere carbonizzato: Joachim Peiper teneva ancora tra le braccia un fucile, un estremo tentativo di difendersi. Gli autori del gesto non furono mai identificati, ma si pensava si trattasse di ex partigiani o attivisti comunisti. 
 
Peiper aveva scelto la Francia come ultima destinazione dopo una vita di peripezie. In un’intervista aveva detto: “Nel 1940 i francesi non erano coraggiosi, ecco perché sono qui”. A differenza di tanti ex nazisti, Peiper non si nascose e, pur lavorando sotto uno pseudonimo, viveva sotto il suo nome di battesimo. Subissato di minacce per il suo passato, allontanò la famiglia poco prima dell’attacco. 
 
Joachim Peiper, per ironia del destino, morì tramite il mezzo che lui e la sua unità avevano utilizzato per uccidere: il fuoco. Un fuoco che aveva divorato interi villaggi in Unione Sovietica fino al paese di Boves, ottant'anni fa, con alcuni dei suoi martiri, don Giuseppe Bernardi e Antonio Vassallo. Ma chi era veramente Peiper, perché era diventato così noto? 
 
Joachim, detto Jochen, nacque a Berlino-Wilmersdorf il 30 gennaio 1915 da un Capitano dell’esercito prussiano, Woldemar Peiper. Frequentò la Johann Wolfgang von Goethe Oberrealschule, una scuola superiore con indirizzo umanistico. Jochen si dimostrò “subito molto dotato soprattutto nella lingua francese, ma anche molto interessato alla letteratura, alla pittura ed alla filosofia - scrive Alessandro Guzzi -. Nel 1926 entrò a far parte dei Boy Scout tedeschi ma né lui né i suoi fratelli parteciparono ad alcuna organizzazione giovanile nazista, fino a quando, nel 1933, l’intera organizzazione dei Boy Scout non venne incorporata nella Hitlerjugend e Peiper fu trasferito alla Jungvolk come comandante”. Ma nella famiglia Peiper le idee nazionaliste non mancavano. Il padre, dopo la Prima guerra mondiale, aderì ai Freikorps, corpi paramilitari di estrema destra, che, nella confusione della resa della Germania e della rivoluzione di novembre, imperversavano non solo nei territori tedeschi, ma anche in Polonia e nei paesi baltici. Woldemar partecipò alla repressione delle rivolte della Slesia, in cui i Freikorps si macchiarono di crimini orrendi. 
 
Anche Joachim, come il padre, seguì la strada paramilitare arruolandosi, nel 1933, nelle SS. L’anno successivo, al sesto Congresso del Partito nazionalsocialista a Norimberga, conobbe Heinrich Himmler, Reichsführer (comandante supremo) delle SS. Peiper così, ai soli 19 anni, intraprese una svolta nella sua carriera: dopo avere frequentato la scuola per ufficiali entrò, nel 1936, nel Leibstandarte Adolf Hitler.
 
Il Leibstandarte-SS, per il giornalista Heinz Höhne “il più memorabile reparto della storia militare nazionalsocialista”, non doveva essere una formazione militare da combattimento, essendo “destinato a guardia del corpo rappresentativa del Terzo Reich”. Ma “diventò pubblicamente la guardia del corpo di Hitler”. Il Leibstandarte era in sostanza un reparto a disposizione personale del Führer che poteva impiegare “come strumento di terrore politico”. Fu infatti dispiegato, nel 1934 in occasione della cosiddetta “Notte dei lunghi coltelli”, per eliminare i vertici delle SA, l’organizzazione concorrente delle SS: l’ex macellaio Josef “Sepp” Dietrich, storico comandante del Leibstandarte, organizzò le uccisioni. 
 
Peiper aderì a un’unità militare abituata alla violenza e che incarnava in sé la superiorità dei fedelissimi di Hitler. Il giovane ufficiale, nel 1938, divenne poi aiutante di Himmler e quindi vicinissimo all’entourage nazista. In questa veste fu testimone oculare dei crimini ordinati da Himmler e commessi dalle SS. Dai massacri in Polonia del 1939 fino all’inizio della campagna di eliminazione sistematica degli ebrei nel 1940, occasioni in cui Peiper non mise in discussione l’ideologia nazionalsocialista e la propria appartenenza alle SS. Nel maggio dello stesso anno, Jochen seguì in prima linea la sua unità di origine, che nel frattempo era diventata una vera e propria divisione d’assalto, la 1ª Divisione Panzer SS Leibstandarte SS Adolf Hitler. La prima delle Waffen-SS, le SS combattenti, unità d'élite di prima linea da impiegare al fronte accanto all’esercito regolare, la Wehrmacht. I membri del reparto si trovarono ad essere “circondati da un mito di durezza e virilità, elettrizzati dalla consapevolezza d’essere membri d’una minoranza di aristocratici, di una collettività straordinaria con leggi proprie”. In effetti, i militi delle SS non erano soggetti ai tribunali militari ordinari, ricevevano salari e approvvigionamenti propri e, spesso, godevano di un trattamento favorevole rispetto ai colleghi dell’esercito. È lecito pensare che quello delle Waffen-SS fosse una sorta di esercito privato che rispondeva allo stato maggiore solo sui campi di battaglia, ma che aveva mano libera nelle retrovie dei territori occupati. 
 
Sempre a fianco di Himmler, Peiper, nel 1941, visitò il ghetto ebraico di Łódź: “Era un'immagine macabra: abbiamo visto come la polizia del ghetto ebraico, che portava cappelli senza bordo ed era armata di mazze di legno, ci faceva sconsideratamente spazio”, scrisse a proposito. Ebbe inoltre l’occasione di venire a conoscenza degli spaventosi piani di pulizia e sostituzione etnica paventati dai vertici delle SS in Europa orientale. Solo durante le operazioni militari in Unione Sovietica ebbe però modo di sperimentarle in prima persona. 
 
A partire dal gennaio del 1943, Peiper si macchiò di crimini molto gravi a danno della popolazione civile. Ordinò l’incendio del villaggio di Krasnaya Polyana, in Ucraina, e la fucilazione dei suoi abitanti per vendicare l’uccisione, da parte dei partigiani e dei soldati sovietici, di 25 tedeschi. A febbraio dello stesso anno, a Yefremovka e Semyonovka, quasi 900 civili furono eliminati: alcuni di essi furono rinchiusi in una chiesa e bruciati vivi. I metodi di Peiper colpirono gli ufficiali delle SS e Himmler stesso gli conferì la Croce di Cavaliere della Croce di Ferro, complimentandosi pubblicamente con il giovane ufficiale durante una trasmissione radiofonica. Le sue “gesta” furono seguite da altri massacratori delle SS, come Oskar Dirlewanger e Adolf Diekmann. 
 
L’11 settembre 1943, scrive lo storico Marco Ruzzi, “il III battaglione del 2° reggimento della Divisione SS Leibstandarte, al comando dello Sturmbannführer Joachim Peiper, arrivò ad Alba da Asti, entrando in una città morta, vuota, con le attività commerciali chiuse. Alcuni militari furono assassinati, ma la maggioranza, maldestramente consegnata nelle caserme, fu facilmente inquadrata e indirizzata alla stazione ferroviaria per l'invio in Germania”. Il 12 le SS arrivarono a Cuneo. Il 19 settembre sì verificò il primo episodio di resistenza armata ai nazisti. A Boves, i partigiani presero prigioniere due SS. Peiper allora si recò in paese a pretenderne la restituzione e i patrioti, temendo conseguenze sulla popolazione civile, rilasciarono i due uomini. Il giovane maggiore, tuttavia, incendiò ugualmente il paese ordinando l’uccisione di diversi civili, compresi i due parlamentari che avevano mediato tra i tedeschi e i ribelli. Quello di Boves non fu l’unico crimine commesso dagli uomini della Divisione Leibstandarte. Sul Lago Maggiore, tra il settembre e l’ottobre del 1943, le SS uccisero 57 persone di religione ebraica, occultando successivamente i cadaveri nel lago.
 
Dopo una nuova parentesi sul fronte orientale, Peiper si rese protagonista di uno degli episodi più tragicamente noti della seconda guerra mondiale: il massacro di Malmedy. Nel corso dell’offensiva delle Ardenne, il 17 dicembre 1944, 84 soldati americani, fatti prigionieri dal Kampfgruppe Peiper, furono passati per le armi. Lo stesso giorno si verificò un altro efferato massacro ad opera delle SS. A Wereth undici soldati afroamericani furono catturati, orribilmente mutilati e giustiziati. In totale, il gruppo si rese responsabile della morte di 362 prigionieri di guerra e 111 civili nel contesto della battaglia delle Ardenne. 
 
Dopo la guerra, a Dachau, si aprì il processo per i crimini di Malmedy - senza tuttavia considerare il lungo dossier di delitti commessi da Peiper e dai suoi uomini. Il procedimento, che coinvolse 73 imputati, si concluse il 16 giugno 1946 con 43 condanne a morte, tra le quali quella di Peiper. Egli era il principale imputato nonché la mente di un sistema che si basava sul terrore e la violenza. Cercando di imitare le gesta di Gengis Khan, era l’ufficiale delle SS perfetto, che incarnava la fede assoluta per il Reich e l’obbedienza totale agli ordini. Ma fu proprio la sua popolarità - nel bene o nel male - a salvarlo dal cappio. Perfino il generale Guderian si mobilitò per ottenere la commutazione della pena e i cambiamenti politici della Guerra fredda fecero il resto. Nel 1951, la condanna a morte di Peiper fu commutata in ergastolo. Nel 1956 fu definitivamente rilasciato. Erano gli anni del maccartismo, dell’inizio della caccia al comunista e quindi della riconciliazione con gli ambienti di estrema destra, visti ora con un certo favore dalle élite dell’esercito americano. I membri delle Waffen-SS furono così riabilitati, ignorando completamente il loro passato. Peiper tornò alla luce dei riflettori nel 2019, quando l'account Facebook del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti postò una fotografia a colori del criminale di guerra nazista per commemorare il 75° anniversario della battaglia delle Ardenne. 
 
Per i morti di Krasnaya Polyana, Yefremovka, Semyonovka e Boves invece nessuna giustizia. Come nessuna giustizia la ebbero i soldati afroamericani trucidati a Wereth. A Boves, 80 anni dopo, il ricordo non è svanito, ma del rancore nessuna traccia. Il profondo cammino di perdono è il simbolo di una rinascita virtuosa che si spera, un domani, possa coinvolgere anche i discendenti di Peiper.

Notizie interessanti:

Vedi altro