CUNEO - "Il Grattavinci": edito da Nerosubianco l'ultimo romanzo dello scrittore cuneese Roberto Baravalle

Le disavventure dei protagonisti ruotano intorno alla sparizione di un Gratta e Vinci vincente. Una sarabanda che si snoda tra Napoli, Roma e Cuneo

Francesca Barbero 24/01/2023 08:10

La sparizione di un Gratta e Vinci vincente e le disavventure di un ex professore in pensione, di un ex carabiniere che frequenta le bische clandestine, di una cantante precaria e di un cuneese soprannominato “il rosso”, per via del colore della sua chioma: sono gli ingredienti de “Il Grattavinci”, ultimo romanzo di Roberto Baravalle, edito da Nerosubianco Edizioni. Mare Magnum, Urbs e Limen, facilmente identificabili dal lettore in Napoli, Roma e Cuneo, rivisitata attraverso un romanzo dello scrittore e giurista cuneese Franco Cordero, le tre città che fanno da sfondo alla sarabanda dei protagonisti e al gioco del caso in cui si ritrovano coinvolti. Baravalle, nato a Cuneo nel 1948, è stato insegnante e si è occupato a lungo di arti figurative. Dopo l'esordio letterario con “Sold out” (Rusconi, 1990) ha pubblicato “Anni Strappati” (Daniela Piazza, 2002), “Nero di Spagna” (Nerosubianco, 2006) e “Esercizi di memoria” (Nerosubianco, 2008).
 
Qual è il suo percorso di scrittore?
"Ho cominciato da un editore nazionale importante, nel 1990, un successo consistente con 'Sold Out': recensioni, interviste sui media, la TV da Costanzo, etc. Improvvisamente, Rusconi decise di chiudere il Settore Libri e io dovetti trovare nuovi sbocchi. Ho lavorato con diversi, tra cui il Touring Club Italiano, con il quale feci dei reportages sulla Spagna e, ad un certo punto, approdai a Nerosubianco, con il quale pubblicai, oltre ad altre cose, un bel romanzo, 'Nero di Spagna', con una lusinghiera prefazione di Giancarlo De Cataldo, l'autore di 'Romanzo Criminale'. Poi, c'è stata una lunga pausa, dopo un importante lavoro con Il Saggiatore su Carlos Barral, pausa determinata dalla malattia, prima, e dalla morte, poi, di mia moglie".
 
Che cos'è per lei la scrittura?
"La scrittura è, oggi, dopo che l'ho riconquistata, una cosa importantissima. Non è mai stata, per me, così importante. E' un aspetto fondamentale della vita che mi resta. Occupa tutte le mie giornate e, spesso, anche le notti".
 
Lei arriva dal mondo delle arti figurative. Nel 1986 era tra gli organizzatori dell'ultima mostra di Andy Warhol a Milano, come racconta in "Esercizi di memoria". Il suo amore per l'arte fa capolino anche ne "Il Grattavinci" con la descrizione di un quadro, di una basilica...
"Le arti figurative sono state, e in parte lo sono ancora, un'altra faccenda di rilievo, per me. Però non sono il centro di questo libro, che ha altre focalizzazioni. Diciamo che, in questo romanzo, sono un complemento, e un completamento. Al mondo dell'arte contemporanea ho dedicato il mio primo libro, e va bene così. Anche perché non ho più il 'polso' della situazione, com'era allora, quando lavoravo a Milano in quel settore. Oggi, mi piace, più che altro, frequentare gli Artisti".
 
Le avventure, o disavventure, dei protagonisti ruotano intorno a un Gratta e Vinci.
"Ma, sì: ho inventato questa sarabanda attorno a un Gratta e Vinci, vincente e rubato, come si legge talvolta nelle cronache. Comprare il Gratta e Vinci è un modo popolare di cercare la fortuna, il colpo che aggiusti tutto, una speranza diffusa, in questi tempi di crisi, di malessere e di incertezza. Poi, c'è sempre da sperare che non diventi malattia".
 
La vita "non è altro che un infinito gioco d'azzardo"? Come ne "La lotteria di Babilonia” di Borges, citazione presente nel romanzo?
"Più che l'azzardo, nella vita è importante il Caso. I percorsi misteriosi del Fato, la beffa che spesso si nasconde dietro circostanze casuali. Lo segnalavano gli Antichi e lo sostennero i Grandi: Shakespeare ci costruì sopra una miriade di drammi e commedie, opere mirabili. Per citare solo un esempio. Manzoni non credeva al Fato, ma alla Provvidenza e questo è un altro punto di vista, più difficile da sostenere, oggi".
 
"Il Grattivinci" è ambientato a Mare Magnum, Urbs e Limen, città identificabili con Napoli, Roma e Cuneo.
"Napoli mi è sempre piaciuta, per gli ovvi motivi per cui piace a tutti. O quasi. Ho avuto modo di apprezzare, nel finale degli Ottanta, anche l' Arte e la Cultura che l'animavano, allora. A Cuneo, mentre ero coinvolto nella Galleria d'Arte 'Confini', agli inizi dei Novanta, facemmo una bellissima mostra con tutti gli artisti napoletani di allora e con la curatela di Michele Bonuomo, napoletano DOC. Si intitolava 'Uomini di mondo: abbiamo fatto il militare a Cuneo', con una bella foto di Totò sulla copertina del Catalogo. Vennero da me quelli che furono i promotori dell'Associazione che prese piede a Cuneo successivamente per chiedermi se non avevo nulla in contrario che si costituisse con quella denominazione un sodalizio con gli scopi ironici che in seguito abbiamo visto e apprezzato. Naturalmente, ne fui felice. Nel romanzo ultimo c'è Roma, soprattutto in quanto sede della Chiesa, che mi pare, oggi, uno dei terreni di scontro più preoccupanti e interessanti a un tempo. Per gli stessi 'equilibri' mondiali, intendo. Ma, oggi, sarebbe più giusto parlare di 'squilibri' perché viviamo in un'epoca di profonda destabilizzazione. Vorrei solo segnalare che quando, quest'estate, scrivevo, esisteva ancora il dualismo Francesco - Ratzinger che, a suo modo, era una stabilità. Ora che l'Emerito è deceduto, si vede cosa sta succedendo. Cuneo, infine, è il terzo polo del mio romanzo, perché è la mia città e volevo estrarne un personaggio simbolico. Credo di esserci riuscito: Pietro Giordano è piaciuto ai lettori. Semmai mi hanno rimproverato di averlo fatto morire ma, chissà: la letteratura dà anche la possibilità di resuscitare".
 
Per il capitolo "Limen" si è ispirato a "Opus", romanzo dello scrittore e giurista cuneese Franco Cordero.
"Sì: parlando di Cuneo, ho ricalcato le orme del più bel romanzo di Franco Cordero, pubblicato dall'Einaudi esattamente cinquant'anni fa, "Opus". Cordero, che è stato un grande giurista, scrittore e giornalista, è un personaggio oggi un po' dimenticato. Penso che meriterebbe almeno l'intitolazione di una via, nella sua città natale, che ricorre anche sovente nei suoi libri, se pur in termini non sempre lusinghieri".
 
Cosa offre Cuneo a uno scrittore?
"La tranquillità per scrivere. Il grande Javier Marìas andava via sovente da Madrid per scrivere. Andava a Soria, una città simile a Cuneo. Per lo meno ci è andato sino a quando anche lì sono arrivati i turisti e l'Amministrazione 'ha dato il via a una fitta serie di manifestazioni'".
 
Quali aspetti ama di questa cittadina di provincia?
"Amo la possibilità, negata nei grandi centri, di uscire e incontrare sempre qualcuno con cui fare due parole, prendere un caffè..Amo i suoi orizzonti, delimitati e netti".
 
Qualche aspetto che odia, invece?
"Ho un'età in cui non posso più permettermi odii e rancori. Mi intristisce un po' che, nel più bel luogo che abbiamo a Cuneo, il Viale degli Angeli, arrivi nuovo cemento. Ecco: il Viale degli Angeli dovrebbe essere tutelato da tutti, magari anche dall'UNESCO, che salvaguarda spesso cose più discutibili o astratte. Un'altra cosa che un po' mi intristisce è che gli artisti cuneesi, numerosi e attivi, pittori, scultori, musicisti o scrittori non trovino sempre l'attenzione dovuta dalle Isituzioni, l'apertura, l'aiuto. Lo stesso dicasi per gli organismi culturali operanti nella nostra città. E poi, sullo sviluppo turistico, che è un'arma a doppio taglio, farei molta più attenzione. Meno manifestazioni, magari, ma più qualità".

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