È un libro che contiene una moltitudine di libri, non solo perché omaggia Ariosto, Borges e DeLillo - tra gli altri - ma perché la sua trama reticolare, fatta, appunto, di innumerevoli “digressioni”, ruota attorno a un libro che non esiste: la Historia poética y pintoresca de los ferrocarriles en México. Chi ha conosciuto l’esordio letterario di Gian Marco Griffi, l’acclamato Ferrovie del Messico, avrà già capito di cosa si parli in Digressione, secondo romanzo dell’autore astigiano, che esce con Einaudi in un formato ancora più pantagruelico. Mille pagine di narrazione dove - racconta lo scrittore, ospite a Dronero nella serata conclusiva del festival Ponte del Dialogo - “tutti cercano e perdono qualcosa”: come nell’Orlando Furioso, appunto, e non è un caso se la protagonista femminile si chiama Angelica. La Historia, ovvero il libro nel libro, in Ferrovie del Messico era un semplice McGuffin, cioè un espediente narrativo. In Digressione invece diviene “un fulcro e un catalizzatore di tutte le persone che lo hanno posseduto”, in un arco di tempo che va dal 1933 al 2054. È un’ossessione in particolare per il personaggio principale, Arturo Saragat, che riceve in dono l’unica copia rimasta di un’edizione fallata, dalle mani del suo compagno di classe Tommaso Sconocchini. Poco dopo Tommaso viene sottoposto a un atto di bullismo proprio da Arturo e da alcuni compagni di scuola, diciottenni: dopo averlo denudato nel parcheggio di un Carrefour abbandonato ad Asti, i bulli infieriscono sullo “sfigato” sparandogli con pistole ad aria compressa. I giovani aguzzini sperimentano il male. Arturo, assicura Griffi, “ha la certezza di non essere quel genere di ragazzo, avrebbe il tempo di interrompere tutto e di andarsene ma non fa nulla, anzi vi partecipa, pur rendendosi conto di quel che sta facendo”. Quando Tommaso di lì a poco si suicida, il mondo di Arturo collassa su di sé: “Arturo si chiederà per tutta la vita perché gli avesse regalato questo libro, da cui diventerà ossessionato, e lo scopo della sua vita diventa scoprire l’identità di tutti coloro che lo hanno posseduto”. Perché quel libro “è un ricettacolo per la vita di tutte le persone che lo hanno ricevuto, un oggetto magico. Ma anche loro hanno cambiato il libro scrivendoci sopra, strappandolo, lasciandoci tracce e biglietti”. Il mondo di Digressione è quello di “una Asti completamente reimmaginata”, la Asti di un altro bivio temporale. Nel quale, per esempio, Mussolini non è stato fucilato ma arrestato ed esiliato in varie isole del mondo, arrivando infine a Pantelleria: qui continua ad allevare asini panteschi fino alla morte, nel 1954. È un’ucronia “a bassa intensità” perché, spiega Griffi, in realtà rappresenta solo “una realtà aumentata di qualche grado”. Qui i nostalgici si chiamano “rievocatori littori” e in base alla legge Bracco-Pound, dal nome dei due senatori proponenti, possono organizzare manifestazioni - comprese le spedizioni squadristiche vere e proprie - semplicemente indossando una fascia gialla con sopra scritto “rievocazione storica”. Più che un atto d’accusa, una riflessione sul fatto che l’Italia “non ha mai fatto i conti col fascismo pur pensando che, fucilato Mussolini, sarebbe riuscita a liberarsi dell’idea dietro all’essere umano. Invece non è così, perché non è Mussolini ad aver fatto diventare fascisti gli italiani: una metà degli italiani sono tuttora fascisti e anzi lo sono ben più che nel 1926, quando si era obbligati ad esserlo”. Digressione è anche un romanzo sui bivi nel tempo, sull’attesa, sulla possibilità di scelta da un lato e sul determinismo dall’altro: “C’è la casualità che si incontra con la causalità e con il principio di sincronicità junghiano”. È un libro in cui si viaggia moltissimo e dove paradossalmente, dice l’autore, “c’è molto più Messico che in Ferrovie del Messico”, che d’altronde deve quell’ambientazione al caso: Griffi a quel tempo stava leggendo una biografia di Marcel Proust e aveva scoperto che l’autore acquistava titoli azionari in base alla bellezza del nome. La sua partecipazione nelle Ferrocarriles Nacionales de México, e da lì il titolo scelto da Griffi, si deve a questo. Da Asti dunque si viaggia, fino a Roghudi Vecchio, un paese calabrese che ha un ruolo fondamentale in Digressione. Perché qui c’è l’“ufficio delle redenzioni”: “Un luogo dove il tempo scorre in maniera diversa, magico - o meglio quantistico - e fisico. Qui si possono vivere i momenti cruciali che hanno portato ai bivi della nostra vita: il ‘giardino dei sentieri che si biforcano’ di Borges non è citato esplicitamente ma si aggira per tutto il romanzo”. Arturo, alla fine della storia, si ritroverà in un diverso bivio in cui il Piemonte è ancora francese per via di Napoleone. A un certo punto entra in scena anche Cuneo, scenario di un suicidio che uno dei personaggi, Fosco Meriggi, “quarantottenne dentista di Savona”, vuole compiere proprio qui dopo aver letto su Tripadvisor di un viadotto “famoso per suicidi”: togliersi la vita a Cuneo, nella mente di Meriggi, è “il culmine della disperazione, la resa ultima, l’abdicazione dell’essere umano alla sua stessa essenza umana”. Comico e gusto del fantastico, come nel poema ariostesco, si intrecciano fra loro e tentano di rispondere all’unica domanda che abbia davvero senso, ovvero “perché deve essere così?”. Chiederselo, sostiene Griffi, significa rifiutare di omologarsi all’esistente: “Quello che il fascismo non è riuscito a fare, cioè renderci tutti omologati, è riuscita a farlo la società dei consumi, dove il pensiero diventa sempre più complicato. Ma il pensiero è legato alla parola e quando noi perdiamo la parola, perdiamo tutto”.